Se avete seguito le puntate precedenti, sapete già che i veicoli elettrici da parte della General Motors erano già ben conosciuti, infatti nel 1912 ad esempio iniziarono a progettare camion elettrici e ne furono persino costruiti alcuni, circa 600 esemplari. Come sappiamo la termica vinse rapidamente, soppiantando la mobilità elettrica e nei decenni che seguirono in casa GM ci fu un susseguirsi di veicoli elettrici o elettrificati, diversi e svariati, ma non si andò mai oltre la soglia del prototipo o di piccolissime flotte e poco più, insomma niente di serio almeno fino a quando non usci l’Impact.
Il 6 dicembre 1996, in prima serata, diversi milioni di americani videro questo spot in TV.
⬅️ Puntata precedente: Storia dell’auto elettrica – Parte #10: l’elettromobile
General Motors EV1
General Motors aveva appena prodotto in serie la prima auto elettrica americana, concepita da zero, era la EV1. La pubblicità fece colpo ed anche l’auto era dannatamente bella se la si guarda secondo i canoni stilistici dell’epoca e soprattutto se si confronta con molti modelli elettrici in circolazione. Si trattava di una biposto compatta di dimensioni similia alla sua contemporanea Saturn SC2.
- Aperti gli ordini di Faraday Future FF 91
- Tesla rilascia un aggiornamento stealth con nuove funzionalità
- Elon Musk di Tesla definisce BYD “altamente competitiva”
- Dakar 2024: Test per Audi RS Q e-tron E2
- Contrordine, Xiaomi Mi Scooter 4 Ultra arriverà anche in Italia
L’auto del futuro in salsa anni ‘90 aveva da offrirci un telaio space frame interamente in alluminio come anche parte delle sospensioni, cerchi in magnesio, freni stop-by-wire e sterzo elettrico, pneumatici auto-riparanti, pannelli carrozzeria in plastica, un motore a induzione CA trifase da 137 CV, una “silhouette” a forma di goccia d’acqua disegnata dal Paul MacCready, CEO di AeroVironment.
Molte ore di test in galleria del vento avevano affinato il coefficiente di resistenza aerodinamica ad un impressionante Cx di 0,19 che consentiva all’auto di spostare una massa d’aria minima e quindi contribuiva alla sua efficienza energetica aumentando l’autonomia.
Gli interni presentavano un design futuristico, sembrava di entrare nel cockpit di un aereo da caccia, prendendo posto nei sedili ribassati con la leva del cambio in puro stile joystick.
Fornita di tutte le opzioni dell’epoca, dagli airbag all’aria condizionata, dal cruise control, ai comandi degli alzacristalli elettrici, dal riscaldamento degli specchietti e dello sbrinatore elettrico del parabrezza anteriore e del lunotto posteriore come anche ai comandi del climatizzatore che si trovavano sulla console centrale, sotto il lettore AM/FM/CD/cassette.
Un singolo schermo LCD per il quadro strumenti, posizionato al centro della plancia, tra le tante informazioni indicava anche la pressione dei pneumatici. Non mancava neppure un pulsante per attivare l’allarme di segnalazione per i pedoni. La chiave era un optional, la vettura aveva un sistema di chiusura centralizzata keyless (senza chiave), per entrare bastava inserire un codice sul tastierino numerico posto sul montante, simile alla recente Ford Mustang Mach-E. Per avviare l’EV1 bastava digitare un codice sul tastierino della console centrale, che ricorda il sistema di sicurezza della Ferrari 308 di Magnum P.I., l’indicatore di codice valido segnalava al conducente di premere il pulsante “Esegui”. La vettura era più tranquilla della concept Impact con un 0 a 100 in 9 secondi e una velocità auto limitata elettronicamente a 130 km/h.
In un tunnel centrale e posteriore a forma di T, la prima generazione di EV1 montava un pacco batteria da 16,5 kWh. Il sistema era composto da 26 accumulatori da 12 V al piombo acido “avanzate” VRLA (Valve Regulated Lead Acid), prodotti da Delphi Energy and Engine Management System per un totale di 312 V. Il tunnel era raffreddato mediante ventilazione forzata in modo da mantenere una temperatura costante per migliorare il rendimento delle celle, ciò nonostante la loro durata era alquanto limitata e il peso si assestava a 595 kg. L’autonomia era molto inferiore a quella dichiarata, GM dichiarava i 130 km (viaggiando ad una velocità di crociera di 85km/h), anche se poi in pratica nel traffico cittadino si era più vicini ai 90 km, bastava accendere l’aria condizionata che seppur con pompa di calore, ne dimezzava l’autonomia.
I fortunati utilizzatori della EV1 potevano caricare il veicolo sia mediante un comodo caricabatterie da 1,2 kW situato nello spazioso bagagliaio progettato per ospitare due sacche da golf, che consentiva il collegamento a qualsiasi presa domestica convenzionale da 110 V e permetteva una ricarica completa in 15 ore. La casa automobilistica proponeva la possibilità di installare un sistema di ricarica prodotto da Delco Electronics denominato “Magne Charge“ con impianto da 6,6 kW che richiedeva l’uso di una paletta di carica induttiva da 220V in AC per garantire la ricarica in “solo” 3 ore.
Una caratteristica unica della EV1 erano i pulsanti di pre-condizionamento che consentivano di pre-programmare il climatizzatore od il riscaldatore per il controllo della climatizzazione interna, la funzione poteva essere attivata solo mentre l’auto era collegata al caricabatterie.
I primi modelli del 1997 furono caricati sulle bisarche per essere spediti a rivenditori Saturn appositamente addestrati. In parte perché la produzione era limitata dalla disponibilità dei componenti (in particolare la batteria), ma soprattutto a causa dell’inaccettabile autonomia alle basse temperature e delle opportunità di ricarica pubblica molto limitate.
Nel ’98 gli ingegneri GM avevano rielaborato il tunnel a T del pacco batteria inserendo un sistema di gestione della temperatura mediante l’aria condizionata recuperata dal veicolo, in questo modo si forniva un’ottimo raffreddamento agli accumulatori, un opzione questa che non fu proposta in Arizona, perché nella fase iniziale di sviluppo aveva funzionato male soprattutto durante la stagione calda.
Nel 1999, con la seconda generazione, la casa automobilistica di Detroit decise non solo di risolvere le problematiche di gioventù ma anche di montare un nuovo pacco batteria con accumulatori al nickel-metal hydruro (NiMH) per un totale di 343V e 26,4 kWh, prodotto da Panasonic in un primo tempo e successivamente da Ovonic Battery Company Inc. di Troy in Michigan, portando cosi la capacità iniziale da 53 Ah a 77 Ah. Questo cambiamento di chimiche fu in grado di diminuire il peso complessivo del pacco batteria a 521 kg ma anche in grado di fornire un’autonomia tra 120 km e 240 km.
Il display con funzione di computer di bordo, indicava l’autonomia residua, registrava l’ultimo chilometro e mezzo di guida e calcolava l’autonomia in base al tipo di guida dell’utilizzatore ed allo stato di carica della batteria
Come spesso accade per qualsiasi nuovo modello, anche la EV1 non era esente da difetti e nel marzo del 2000, GM emesse un richiamo per 450 EV1 di prima generazione per un problema ad un cavo della porta di ricarica difettoso che poteva eventualmente accumulare abbastanza calore da prendere fuoco. Sedici “incidenti termici” ed almeno un incendio si verificarono a causa del difetto, distruggendo un’auto noleggiata mentre era in carica.
Nel 2001, GM aveva installato oltre 1.000 Magne Charge in case private e luoghi pubblici come centri commerciali, hotel e aeroporti. GM incoraggiò i clienti ad utilizzare il sistema a 220V ed a collegarsi alle prese domestiche standard solo in caso di emergenza.
Il fatto che fosse essenzialmente costruita a mano e data la tecnologia proposta a bordo, ogni veicolo costava circa 34.000$ (corrispondente a 63.418$ calcolando il tasso d’inflazione attuale) comprese le spese di ricerca e sviluppo. GM ottenne 23 diversi brevetti per la sua tecnologia avanzata e le caratteristiche associate allo sviluppo dell’EV1. Ripensando e reinventando praticamente ogni elemento dell’automobile, gli ingegneri di questo progetto hanno portato all’applicazione di tecnologie rivoluzionarie come il primo sistema di climatizzazione automobilistico a pompa di calore, il servosterzo e la frenata rigenerativa elettroidraulica.
Il team di ingegneri aveva lavorato anche una generazione di EV1 con pacchi batteria ai polimeri di litio che Sony ed altri stavano sviluppando. Tuttavia, quando la domanda dei clienti di EV1 si rivelò debole, i fornitori smisero di produrre parti di ricambio.
Come le altre case automobilistiche, considerati i costi ed anche dal fatto che si trattava di un esperimento, la EV1 era disponibile rigorosamente solo in leasing, con l’opzione di acquisto espressamente vietata dal contratto stesso. Il noleggio dell’auto si assetava a 399$ al mese (corrispondente a 669$ calcolando il tasso d’inflazione attuale) e il messaggio era più che chiaro, il futuro era finalmente a disposizione, ma esclusivamente se si era ricchi. Non tutti potevano permettersi di guidare la EV1 ed in un primo momento la scelta da parte della GM fu quella di proporre dei leasing limitati nel tempo (il cliente poteva tenere l’auto per tre anni al massimo), e su piccola scala grazie alla rete di rivenditori della Saturn Corporation nello stato dell’Arizzona e in quello della California meridionale, più precisamente nelle città di Los Angeles, Phoenix, Tucson, San Francisco ed in seguito a Sacramento e ad Atlanta nello stato della Georgia. GM decise persino di offrire l’auto all’élite, vale a dire politici, celebrità e attivisti ambientali, ecc.
Si trattò di una scelta che la casa automobilistica di Detroit rimpianse amaramente, perché molto rapidamente una piccola comunità di diverse centinaia o addirittura migliaia di “fan” si formò, degli adoratori della EV1 che amavano la sua linea, l’ottima ripresa “on demand” e il silenzio. Iniziarono anche ad emergere le opposizioni, spuntarono improvvisamente da ogni parte del paese gruppi di consumatori chiaramente preoccupati e anti EV1, che in linea generale detestavano la mobilità elettrica. Trovando il provvedimento, noto come ZEV, totalmente assurdo, si lamentavano che si stavano usando i soldi dei contribuenti per finanziare progetti inutili, dal momento che solo una piccola parte del popolo poteva permettersi di comprare un’auto elettrica e tutti gli altri si sarebbero trovati svantaggiati. Furono distribuite pubblicazioni con argomenti più o meno ammissibili. Erano piuttosto ben organizzati, forse un po’ troppo, e come non immaginarlo, si scoprì che erano supportati da compagnie petrolifere come Mobil, Chevron Corporation od Oil Company.
Nella guerra in corso il CARB si trovò a combattere non più contro la General Motors ma contro l’intera industria automobilistica e petrolifera ma il più grande avversario dei fan dell’EV1 era senza dubbio la stessa General Motors. A parte il lungo spot trasmesso in TV per il lancio dell’EV1 con grande clamore, ben poca comunicazione fu fatta inseguito. I dépliant ed i cartelli pubblicitari erano limitati principalmente ai mercati in cui gli EV1 potevano essere noleggiati.
Eravamo passati da un’atmosfera alla Toy Story al film The Day After (Il giorno dopo), con una musica opprimente e un rumore di sottofondo che ha dato a molti spettatori l’impressione di un’esplosione nucleare lasciando sul marciapiede solo le sagome dei loro corpi ormai disintegrati.
Ecco un buon esempio di cosa riusciva a fare la General Motors per scoraggiare le persone dall’interessarsi alle auto elettriche, un altro esempio era il fatto che per noleggiare una EV1 si era reso necessario rispondere a un lungo questionario con domande spesso molto personali, tutto questo per fornire una prova davanti ai tribunali che nessuno era veramente interessato alle auto elettriche!
Insomma era solo questione di tempo, pochi mesi prima del vero inizio del testo promosso dal CARB le quote del 1998 e del 2001 saltarono e il regolamento per ottenere una percentuale dei veicoli di un produttore a emissioni zero venne accantonato nel 2000 con l’elezione di George W. Bush come presidente degli Stati Uniti d’America.
General Motors mise quindi fine della produzione della sua piccola auto elettrica sotto gli ordini del suo nuovo CEO Rick Wagoner Jr. Il programma fu completamente interrotto nel 2002 e tutti i clienti furono avvisati che il loro leasing non sarebbe stato rinnovato e che tutte le auto dovevano essere restituite a General Motors. Questa decisione suscitò indignazione o rabbia tra gli appassionati che pensavano di guidare ancora per qualche anno la EV1. Alcuni cercarono di acquistarla, disposti a staccare grossi assegni, tra tutti gli attori Tom Hanks e Danny De Vito che diceva di adorarla e quando gli venne tolta disse: “Vorrei sapere chi ha ucciso la mia auto!”. Vennero organizzate anche proteste ed un finto funerale mediatico per l’EV-1.
Durante l’intero ciclo di produzione 1996-1999, furono prodotte un totale di 1.117 le linee di assemblaggio erano state chiuse e le EV1 furono recuperate alla scadenza dei contratti di locazione triennali per poi essere distrutte onde evitare di mantenere i pezzi di ricambio per un minimo di 15 anni per la manutenzione e le riparazioni se si prolungavano i contratti.
Secondo Jill Banaszynski, responsabile del programma di donazione delle EV1, circa 40 esemplari furono risparmiati dalla rottamazione e completamente disattivati per essere donati a università e musei, tranne uno completamente intatto che si trova attualmente allo Smithsonian Institute di Washington, DC. Rimasero così poche EV1 abbandonate, essenzialmente dei gusci vuoti e malconci, ma la gente mormora che qualche fortunato sarebbe riuscito a tenersela tra cui il registra Francis Ford Coppola!
Ancora oggi puntiamo il dito contro la General Motors per le polemiche che ha creato sostenendo che il programma EV1 non è mai stato preso sul serio e che GM voleva che fallisse, ma è senza dimenticare che la politica del CARB era essa stessa oggetto di polemiche. GM ha speso oltre un miliardo di dollari per sviluppare e produrre un veicolo che era semplicemente visto come un esperimento e non si preoccupò di continuare a riparare o mantenere un inventario di pezzi di ricambio.
La storia avrebbe potuto essere diversa, ma gli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 furono complicati per General Motors e il CEO Rogers Smith fu licenziato a luglio del 1990 quindi pochi mesi dopo la presentazione dell’Impact e in circa 10 anni di presidenza la GM subì molti fallimenti che fecero perdere molti miliardi. Nel 1990 Robert Stempel, un ingegnere progettista, divenne CEO di GM, ma rimase appena due anni in carica prima che venisse trovato finalmente l’uomo della situazione con Jhon F. Smith Jr.
C’era il desiderio di ripulire un po’ tutti gli errori del passato. Si dice spesso che GM sia stata gestita da «beans counter», cioè da persone eccessivamente interessate a ridurre le spese e aumentare i profitti, ma lo sbaglio fu quello di riprendersi le EV1 nonostante i clienti volessero continuare il noleggio.
Certi produttori come ad esempio Honda lo avevano capito bene e continuarono a noleggiare i loro veicoli elettrici per ancora qualche anno.
Un errore madornale è quello di aver distrutto delle EV1 perfettamente funzionanti e questa azione ha trasmesso l’idea che GM stesse cospirando con l’industria petrolifera soprattutto promuovendo nel medesimo tempo il marchio Hummer.
Le teorie sono molto belle, ma ciò che è certo e che in ogni caso ci furono dei rimpianti in un’intervista del luglio 2006 Rick Wagner, CEO di GM in quel momento, ammise che la sua peggiore decisione fu quella di terminare il programma EV1 senza riservare abbastanza risorse per le auto ibride, secondo lui questo non ha influito sulla redditività ma sull’immagine del Marchio. Avevano migliaia di cultori della EV1, una comunità affiatata, una tecnologia a portata di mano che avrebbero potuto sviluppare, ma non ne fecero nulla, alla fine preferirono buttare tutto nella spazzatura!
Ovviamente parlando di ibride si fa riferimento alla Toyota, che è stata seguitissima in quel periodo e che ha addirittura finito per sorpassare nel 2008 la General Motors, mettendo la parola fine ad un regno di 77 anni. I giapponesi erano davvero passati da sfidanti a leader mondiali e le star di Hollywood erano passate dalla EV1 alla Prius, compreso il comico Danny DeVito, di cui riferivamo in precedenza!
Conclusione
Come Kodak, GM era in anticipo su una tecnologia del futuro, ma non credendosi abbastanza forte e come Nokia non si è adattata abbastanza velocemente sia sull’ibridazione che oggi sull’elettrificazione e come queste due società che una volta dominavano un intero settore prima di cadere gradualmente a pezzi, è ora costretta a rincorrere altri fabbricanti appena nati.
Chi avrebbe mai creduto che questa storia iniziata con una semplice gara in Australia nel 1987, trasformatasi in una concept car e successivamente in un’auto di serie, alla fine rottamata, avrebbe generato un produttore che avrebbe sconvolto l’intera industria automobilistica, quell’Elon Musk che ben conosciamo che, seppur in minima parte, deve ringraziare le scelte sbagliate di GM relative alla EV1, creando la Tesla.
GM attualmente, vuole offrire una gamma completa di auto elettriche con molti nuovi prodotti attesi per la fine del 2023, ed ha anche in programma di fare il grande ritorno in Europa.
➡️ Puntata successiva: Storia dell’auto elettrica – Parte #12: l’elettromobile
Secondo voi, il ritorno di General Motors sarà clamoroso, un futuro flop o niente di speciale?
Grazie per aver letto questo articolo fino alla fine e spero che vi sia piaciuto ovviamente non esitate a scrivere i vostri commenti e a seguirci per altre storie sulle auto elettriche.
Ci penserò 😉
No Federico, mi spiace, quello di Toyota è un vizio occulto, così come il richiamo delle batterie di Hyundai Kona…
Ciao Marco ci fa piacere apprendere ulteriori dettagli il giorno dopo della pubblicazione dell’articolo. Se vuoi aiutarci a riportare notizie…
Ciao Marco, se VinFast fa pena per un problema del genere a Toyota cosa avrebbero dovuto fare per aver messo…
In verità queste sono norme applicate anche in Europa. La velocità massima è limitata tra i 20 e i 25…