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    HomeStoria delle auto elettricheStoria dell’auto elettrica – Parte #14 l’elettromobile

    Storia dell’auto elettrica – Parte #14 l’elettromobile

    Nella puntata precedente vi abbiamo raccontato di come Tesla stava resettando completamente l’intera catena di produzione e fornitura, mentre risolveva molteplici problemi di produzione che affliggevano il modello Roadster, in modo da poter iniziare la produzione e le consegne ai clienti, ma le vicissitudini non erano terminate.

    ⬅️ Puntata precedente: Storia dell’auto elettrica – Parte #13: l’elettromobile

    La crisi finanziaria

    Il 2008 presentò una sgradita sorpresa, una crisi economica mondiale ben più grave dalla recessione dei primi anni ’80 che era durata 16 mesi portando con sé disoccupazione e un numero record di fallimenti bancari. La crisi finanziaria dei mutui subprime fece crollare dei nomi importanti e leggendari per Wall Street, la Lehman Brothers era la quarta banca d’investimento più grande degli Stati Uniti quando il 15 settembre dichiarò bancarotta.

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    Un dipendente di Lehman Brothers porta via una scatola dall’ufficio britannico della banca d’affari statunitense | Elettronauti.it

    Le tre più grandi case automobilistiche faranno dei tentativi per ottenere un salvataggio, General Motors e Chrysler rischiavano il fallimento e GM raggiunse un accordo provvisorio per trasferire il controllo di Opel in Europa ad un produttore di componenti canadese ed a una banca russa.

    Nel frattempo SpaceX, l’altra compagnia di Elon Musk, era sull’orlo del fallimento dopo che i loro primi tre tentativi di portare in orbita un razzo denominato Falcon 1 fallirono e sia Tesla che SpaceX avevano prosciugato i fondi. Elon Musk doveva prendere una decisione difficile, quella di chiudere con il futuro del settore aerospaziale oppure farla finita con la mobilità elettrica.

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    tentativi di lancio falliti del Falcon 1 che secondo Musk hanno quasi messo fine alla compagnia SpaceX | Elettronauti.it

    Elon Musk dovette prendere un’altra decisione difficile dal momento che aveva bisogno di realizzare un margine di profitto con la sua Roadster e ne aumentò il prezzo d’acquisto da un minimo di 92.000 $ fino a 109.000 $.

    ⚡️ Leggi anche: Tutte le altre puntate della Storia dell’Auto Elettrica

    Fortwo ED

    A differenza del modello sperimentale presentato nei due anni precedenti, Mercedes presentò al salone di Francoforte 2009, la nuova versione di Smart Fortwo Electric Drive. Una due posti elettrificata pronta per essere prodotta in serie e sfornata ad Hambach in Mosella, Germania. 

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    Nulla distingue una smart elettrica dalla versione termica se non qualche tocco di vernice verde | elettronauti It

    Inizialmente, diverse centinaia di esemplari furono offerti in leasing (noleggio a lungo termine di 4 anni o 60.000 km) in alcune città europee come Berlino, Roma, Parigi ed a scopo sperimentale negli Stati Uniti, a 500 americani. La Smart Fortwo Electric Drive era alimentata da un pacco batteria agli ioni di litio fornita da Tesla Motors. Si ricaricava in 3 ore mediante la presa domestica a 220V. Il motore elettrico sviluppava 30 kW (circa 41 CV) e una coppia di 120 Nm, l’autonomia dichiarata era di 115 km, velocità massima 100km/h “sufficiente” secondo Smart per l’utilizzo in ambito urbano.

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    Daimler ag ha rilevato una quota societaria pari a circa il 10 di tesla motors inc | elettronauti It

    A maggio 2009, quando ormai Tesla stava per essere spazzata via dalla crisi finanziaria, due fattori contribuirono a salvare l’azienda. Il primo fattore fu un investimento di 50 milioni da parte di Daimler-Benz per l’acquisizione del 10% delle azioni.

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    U S Department of energy doe | elettronauti It

    Mentre il secondo fattore fu un prestito del Dipartimento di Stato americano per l’Energia di 465 milioni (che venne poi interamente rimborsato nel 2013).

    L’Europa stava subendo un pesante calo delle vendite di auto eppure nel 2009 in occasione del Salone dell’Automobile di Parigi, Renault svelò le sue ambizioni anticipando il piano strategico della Losanga che decise di investire 4,4 miliardi di euro nell’elettrico.

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    Carlos Ghosn vuole spingere verso la transizione energetica | Elettronauti.it
    I produttori che si svilupperanno in questa nicchia non domineranno il mercato dall'oggi al domani. Penso invece che il veicolo elettrico sia una direzione imprescindibile e che intraprendere questa strada avrà molte conseguenze. Continuo a pensare che rappresenterà il 10% del mercato entro il 2020, ma se i prezzi del petrolio salissero di nuovo, se si verificassero altri disastri naturali, allora quella percentuale potrebbe essere ancora più alta. Oggi, quando pensiamo ax una macchina ibrida, pensiamo a Toyota e domani quando penseremo ad un’auto elettrica, penseremo a Renault Nissan.
    Carlos Ghosn, amministratore delegato del costruttore transalpino

    Zoé Concept

    Al Salone di Parigi 2009, la Renault presentò la Zoé sotto forma di concept car, la versione esposta era molto simile a quella che sarà poi commercializzata qualche anno dopo.

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    Renault Zoe z.e. Concept | Elettronauti.it

    La Zoé Concept, era lunga 4,09 metri, dotata di un motore elettrico da 60 kW (80 CV), le batterie agli ioni di litio offrivano un’autonomia di 160 km. Il tempo di ricarica doveva essere compreso tra le sei e le otto ore se collegata ad una presa domestica e circa trenta minuti da una stazione pubblica di ricarica rapida per ottenere l’80% della batteria.

    Twizy Z.E. Concept

    La Twizy Zero Emission Concept fu presentata per la prima volta al Salone di Francoforte 2009. Si trattava di un quadriciclo a due posti di 2,30 metri di lunghezza e dal peso di soli 420 chili.

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    Renault Twizy Z.E. Concept | Elettronauti.it

    Una pratica soluzione di “mobilità urbana” per due occupanti, dotata di un motore elettrico da 15 kW (20 cavalli) posizionato sotto il sedile del passeggero. Le sue capacità di accelerazione sarebbero paragonabili a quelle di un due ruote da 125 cm³ anche se questa vede il suo picco di velocità massima a 75 km/h.
    Il pacco batteria agli ioni di litio posto sotto il sedile del conducente, si ricaricava in 3h 30m su una presa domestica da 220V. A piena carica, l’autonomia annunciata da Renault era di 100 chilometri.

    Fluence Z.E.

    Sempre nel 2009, la Losanga voleva offrire da subito un’auto 100% elettrica in grado di soddisfare le esigenze della maggior parte dei clienti e la sua punta di diamante doveva essere il lancio della Fluence Z.E. (zero emissioni).

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    Renault Fluence ZE | Elettronauti.it

    Questo modello d’Oltralpe, derivava dalla Fluence endotermica, una classica berlina a tre volumi sufficiente ad ospitare una piccola famiglia e i loro bagagli, la versione benzina era destinata soprattutto all’America Latina o alla Turchia. La versione elettrificata era progettata in collaborazione con Samsung Motors e basata sulla Renault Mégane III e prendeva in prestito elementi tecnici dalla Nissan Sentra B16 di sesta generazione. 

    La vettura ricevette un motore elettrico da 70 kW (95 CV) ed un pacco batteria agli ioni di litio e manganese (LMO NMC), alloggiato tra i sedili posteriori e il bagagliaio.

    La Fluence Z.E. non era proprio appagante dal punto di vista estetico, la sua linea non convinse l’acquirente europeo ed in particolare quello francese che preferiva le hatchback, tanto più che il veicolo non era esente da difetti. Con appena 80 km in condizioni reali, si era molto lontani dai 185 km promessi dal marchio e il suo bagagliaio era risicato a causa dello spazio preso dal pacco batteria. Il tempo di ricarica era di otto ore su una presa cosiddetta “veloce” e dodici se collegata ad una spina domestica.

    Ultimo punto che sicuramente ha demoralizzato i pochi potenziali acquirenti, le batterie venivano affittate e il noleggio delle batterie costava 79 € al mese che si aggiungevano alle rate mensili del mutuo.

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    Stazione di sostituzione della batteria per veicoli elettrici Better Place, rivoluzionaria ma forse troppo presto | Elettronauti.it

    Per rivoluzionare l’automobile ed eliminare definitivamente i problemi di autonomia e ricarica, un imprenditore israeliano, Shai Agassi, ebbe un’idea semplice i “quick drop“: realizzare stazioni di cambio batteria per la Renault Fluence Z.E. Quando la batteria era scarica, bastava andare in una stazione Better Place e pochi minuti dopo il cliente ripartiva con un pacco batteria carico al 100%.

    Renault fu sedotta da questa idea e Better Place costruì 38 stazioni di cambio batteria in Israele e 18 in Danimarca, per un investimento di 850 milioni di dollari. Per i due partner Better Place e Renault, il calcolo della redditività si basava sulla vendita di 100.000 Renault Fluence Z.E. in Israele e Danimarca.

    Per la Losanga fu letteralmente un fallimento commerciale dal momento che nessuno voleva la Fluence Z.E. tanto in Europa quanto in Israele. Le 100.000 auto previste si trasformano in 1.000 auto vendute in Israele e 240 in Danimarca.

    Carlos Ghosn, ritirò improvvisamente il suo sostegno a Better Place e pretese 65 milioni dal suo partner. A causa della mancanza di clienti, le stazioni Better Place chiusero e la multinazionale controllata per il 28% da Israel Corporation fallì miserabilmente nel 2013. Per la cronaca furono vendute in tutto il mondo, solo 6.000 esemplari della Renault Fluence Z.E. di cui 727 in Francia.

    Mercedes-Benz Blue ZERO E-Cell Concept

    Già nel 2009, Mercedes-Benz presentò in apertura del Salone di Parigi (Salon Mondial de l’auto de Paris), la versione 100% elettrica della sua Classe A denominata E-Cell.

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    Mercedes-Benz Blue ZERO | Elettronauti.it

    Questa city car ecologica era offerta tramite contratti di leasing, in Francia, Germania e Olanda. Dotata di una propulsione elettrica dalla potenza massima di 110 kW (150 cavalli) e una coppia di 320 Nm, l’auto poteva raggiungere i 150 km/h e con una carica completa l’autonomia era di 200 chilometri. Il pacco batteria agli ioni di litio da 35 kWh era alloggiato sotto il pianale della vettura in modo da abbassare il baricentro e non compromettere il vano bagagli (da 435 a 1.370 litri). 

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    Mercedes benz blue zero e cell concept | elettronauti It

    Il tempo di ricarica mediante una presa domestica (230 V) era di 8 ore e occorrevano solo tre ore con una stazione di ricarica rapida da 400 Volt. Mercedes intendeva produrre inizialmente 500 esemplari della Classe A E-Cell, che furono offerti nell’autunno 2010 tramite contratti di leasing in Germania, Francia e Paesi Bassi.

    i-Miev

    Mitsubishi Motors lanciò la sua i-Miev (Mitsubishi Innovative Electric Vehicle) e dopo una partnership con il produttore giapponese, PSA Peugeot Citroën presentò le cugine europee: la Peugeot ion (2009) e la Citroën C-Zero (nel 2010).

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    Rimini la i-Miev in dotazione alle forze dell’ordine | Elettronauti.it

    Una vettura dalle dimensioni ridotte (3,48 m di lunghezza 1,61 m di altezza e 1,47 m di larghezza), una 5 porte che poteva ospitare solo quattro persone, venduta a 35.350 €.

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    Sotto al vano bagagli della i miev | elettronauti It

    Dotata di un motore elettrico da 47 kW (67 CV) e 180 Nm, un pacco batteria agli ioni di litio da 14,5 kWh posizionato sotto al pianale del veicolo. Con la trazione posteriore, la macchina raggiungeva i 130 km/h offrendo un’autonomia che andava dai 120 km ai 160 km a seconda dell’utilizzo.

    La city car si ricaricava in 7 ore su una normale presa domestica e con la ricarica rapida, secondo lo standard ChaDeMo, si arrivava all’80% in soli 30 minuti. L’auto benché comoda e dalle prestazioni contenute, presentava un bagagliaio poco capiente, degli interni mal rifiniti ma fu ugualmente un successo commerciale e sebbene ci siano statistiche diverse che a volte si contraddicono a vicenda, Mitsubishi avrebbe venduto approssimativamente tra 31.000 e 38.000 i-MiEV in tutto il mondo (comprese le diverse varianti).

    Toyota a Palo Alto

    In California a Palo Alto, nel maggio del 2010, Toyota Motor Corporation, dichiarò davanti alla stampa riunita per l’occasione che acquisirà una partecipazione da 50 milioni di dollari nella casa automobilistica elettrica statunitense Tesla Motors. Le due società avevano l’intenzione di collaborare allo sviluppo di veicoli elettrici, componenti e sistemi di produzione. 

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    Ceo di tesla elon musk a sinistra e la sua controparte alla toyota motor corp akio toyoda | elettronauti It

    In una conferenza stampa congiunta in California, l’amministratore delegato di Tesla, Elon Musk, descrisse l’investimento come un “gesto di sostegno” da parte dell’amministratore delegato di Toyota, Akio Toyoda. Tesla mirava a sfruttare l’esperienza di Toyota nella produzione di massa, mentre Toyota voleva riconquistare il sostegno pubblico in seguito ai vari richiami della Prius ibrida.

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    Tesla Factory a Fremmont, California | Elettronauti.it

    Tesla rilevò lo stabilimento NUMMI a Fremont, California che Toyota voleva chiudere, nell’ottica di costruire la sua prossima berlina Model S completamente elettrica.

    Nel giugno 2010, Tesla diventò pubblica e raccolse 226 milioni $ diventando di fatto, la prima casa automobilistica americana a effettuare un’operazione del genere dai tempi di Ford nel 1956.

    Bolloré Bluecar

    Il 2010 marca l’avvento di una city car, nata dalla joint venture dal gruppo francese Bolloré e dall’italiana Pininfarina. Gli interni in pelle offrivano 3 posti centrali come la Matra Bagheera e la Murena anch’esse progettate da Philippe Guédon, ex amministratore delegato di automobili Matra.

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    Bolloré Bluecar design by Pininfarina | Elettronauti.it

    Dopo il Salone di Ginevra si registrarono circa 6.000 pre-prenotazioni. La Bluecar fu costruita a Torino da Pininfarina, per essere commercializzata per prima in sei paesi europei (Italia, Francia, Germania, Regno Unito, Spagna, Svizzera), poi nel Nord America e in Asia. Le batterie con tecnologia litio-metallo-polimero venivano invece prodotte in due stabilimenti in Inghilterra e Canada.

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    Bolloré bluecar interni sobri dallo stile minimalista | elettronauti It

    Il propulsore era rumoroso, produceva una sorta di sibilo che accompagnava fedelmente i cambi di regime del motore. Con comandi e allestimenti scadenti, la city car di Bolloré non era altro che un’auto qualunque, che non suscitava nessuna passione per la guida, né comoda, né piacevole da guidare, la Bluecar era penalizzata dalla suo pacco batteria LMP, benché su carta indicasse un’autonomia di 250 km, le celle per poter funzionare in modo corretto, dovevano costantemente essere mantenute a una temperatura di poco superiore ai 60°C costringendo a lasciare collegato il veicolo quando restava fermo per un tempo più o meno lungo. Oltre ad apparire troppo energivora, questa tecnologia non era adatta all’utilizzo da parte di privati, almeno di non percorrere più di 100 km al giorno ed almeno 6 giorni alla settimana.

    La Bolloré Bluecar, con le sue derivate Bluesummer e Citroën E-Méhari, rimane un caso davvero particolare quando si tratta di flop nel mondo dei veicoli elettrici. Quasi ovunque andasse, questa city car portava una cattiva immagine, considerata un auto giocatolo alla spina sia che si trattasse dei servizi di car-sharing in Francia (Parigi, Lione, Bordeaux) come negli altri paesi come Stati Uniti, Italia, Regno Unito, Singapore.

    Friendly

    Heuliez la stessa azienda che aveva prodotto, la Citroën AX elettrica, la Saxo e la Peugeot 106 era sull’orlo del fallimento. Il gruppo automobilistico sperando di ricoprire ruoli di primo piano nel mercato delle auto elettriche, presentò il suo prototipo Friendly al Motor Show di Parigi nel 2010.

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    Friendly Heuliez per enti locali, società di noleggio

    Si trattava di un prototipo di auto elettrica dalle dimensioni ridotte perché la sua lunghezza non superava i 2,90 m, un veicolo quindi, destinato esclusivamente agli spostamenti urbani. Per rispondere ai criteri ecologici dettati dalle specifiche, la Friendly era alimentata da un pacco batteria al NiMh, la cui potenza e capacità variava a seconda della versione, le prestazioni consentivano comunque una velocità massima di 110 km, mentre l’autonomia poteva raggiungere i 250 km. Il costruttore vedeva le cose in grande e contava di sfornare 10.000 Friendly all’anno dalle catene di montaggio dello stabilimento di Cerizay.

    Dopo l’apertura del capitale, la regione dei Paesi della Loira era interessata a partecipare allo sviluppo di Heuliez, bisogna anche dire che dei 600 dipendenti ben 210 vivevano nei Paesi della Loira e Jacques Auxiette, l’allora presidente della regione, si dichiarò favorevole all’ingresso nel capitale per 5 milioni di euro.

    L’anno successivo l’allestitore di Cerisay si divise in 2 strutture indipendenti: Heuliez SAS, che continuava l’attività di fornitura industriale e Mia Electric per la progettazione e produzione di auto elettriche.

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    Emi heuliez al salone di ginevra | elettronauti It

    Progettata come una city car divertente e pratica, la Friendly è stata prodotta in serie a partire dal 2011 con il nome “Mia” e la versione definitiva doveva essere proposta prima agli enti locali e alle società di noleggio, poi dopo qualche mese al pubblico.

    Conclusione

    Nel vecchio continente, i veicoli elettrici non erano ancora competitivi o interessanti come la Tesla Roadster anzi sembravano portare con sé il retaggio del passato senza grandi cambiamenti ma a partire dal 2011, certi modelli iniziarono ad apparire sulle strade e la mobilità elettrica prese un nuovo slancio ma per saperne di più non perdetevi la prossima puntata.

    ➡️ Puntata successiva: Storia dell’auto elettrica – Parte #15: l’elettromobile


    Cosa ne pensate di queste storie? Pensavate forse di conoscere tutti i modelli elettrici?

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    tecnico meccatronico, formatore automotive, professionista della mobilità. Aiuto i lettori a districarsi nel labirinto delle dinamiche che governano la transizione energetica, dalla burocrazia agli aspetti legati alla guida di veicoli elettrici e non solo, con accenni tecnici per una visione a 360°.

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