In questa puntata continuiamo a seguire gli eventi che segnarono la sconcertante “success story” di Tesla.
Segno dei tempi, diversi costruttori si stavano lanciando nella nuova corsa verso le tecnologie green, consapevoli del fatto che i primi a mettere in commercio veicoli a “emissioni zero” potevano essere premiati favorevolmente da un pubblico che sembrava ormai pronto ad affrontare il riscaldamento globale adottando nuove tecnologie di trasporto.
⬅️ Puntata precedente: Storia dell’auto elettrica – Parte #14: l’elettromobile
Negli Stati Uniti, Tesla Motors era considerato un piccolo produttore e l’auto elettrica era ancora impopolare, ma tutti i produttori erano interessati, in un modo o nell’altro, al lavoro di Elon Musk.
La Roadster era più di un’auto, con le sue linee seducenti e le prestazioni da effetto wow, l’impressionante autonomia elettrica di quasi 400 km, ha contribuito a rendere desiderabile l’auto elettrica. Il suo prezzo di circa 120.000 $, la riservava solo a persone di reddito elevato, creando intorno al modello un’aura di esclusività che la separava dalle auto concepite per soddisfare la massa, un po’ come ai vecchi tempi dell’inizio del 20° secolo dove le elettriche erano l’appannaggio dell’alta borghesia .
Nel marzo del 2009 venne presentato il primo prototipo della Tesla Model S durante una conferenza stampa, ed a settembre fu presentato al pubblico durante il Salone di Francoforte.
Quella che all’epoca era ancora descritta come una “piccola casa automobilistica americana” fu quotata in borsa il martedì 29 giugno del 2010 a New York, le sue azioni furono scambiate in netto rialzo poco dopo l’inizio della loro quotazione. Il titolo, che iniziò a essere scambiato poco prima delle 15:30 sul Nasdaq, fu scambiato a 18$ e 17cts pochi minuti dopo, in rialzo del 6,76% a causa del forte calo del mercato.
Inizialmente, Tesla aveva messo sul mercato 13,3 milioni di azioni ad un prezzo iniziale di 17 $, più di quanto si fosse aspettata, per un totale di 226 milioni di dollari.
L’avvento della Leaf
Nel 2010 spinta dalla volontà di Carlos Ghosn, Presidente e CEO di Nissan e Renault, la casa automobilistica giapponese lanciò in Asia e Stati Uniti, la prima berlina familiare lunga 4,45 m completamente elettrica prodotta in serie: la Leaf.
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Durante il lancio del tour promozionale della Leaf sul suolo americano a Los Angeles, fu possibile guidare una Nissan Versa a passo lungo equipaggiata con il motore elettrico della Leaf su un circuito allestito nel parcheggio del Dodgers Stadium.
Lo stabilimento Nissan di Oppama in Giappone fu scelto per produrre la Leaf, mentre le celle agli ioni di litio furono prodotte nello stabilimento di Zama in Giappone. Lo stabilimento americano di Nissan a Smyrna.
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Sempre nel 2010, durante la conferenza stampa tenuta in occasione del Salone di Parigi, Carlos Ghosn presentò la Renault Zoe Preview una versione quasi definitiva al 90% della city car elettrica che integrerà la famiglia “a zero emissioni” della casa francese.
Nel 2011 la Nissan Leaf fu resa disponibile in tutta Europa e Canada e lo stabilimento nel Tennessee costruì e produsse anche le batterie, aumentando la capacità di produzione annuale mondiale di 150.000 auto e 200.000 pacchi batteria.
A differenza delle auto elettriche del passato o dei modelli troppo costosi come la Tesla Roadster, la Nissan Leaf non aveva nulla di artigianale, costruita su una piattaforma tutta nuova si trattava di una vettura ben rifinita che si guidava come un’auto normale, fatta eccezione per la leva del cambio che assomigliava al mouse di un computer.
Si trattava di una hatchback che poteva ospitare quattro adulti, lo spazio di carico era corretto con 410 litri e 680 litri con i sedili posteriori ribassati. La Leaf offriva la telecamera per la visione posteriore, il GPS, l’accesso e l’avviamento senza chiave e il climatizzatore automatico bi-zona.
Spinta da un motore elettrico da 80 kW (107 cavalli), e dalla coppia istantanea fornita dalla trazione elettrica, l’esperienza con quattro adulti a bordo sorprese i passeggeri statunitensi, che ne paragonarono l’accelerazione a quella di una berlina media dotata di un classico motore V6. Agile in città come in autostrada, affrontava le curve con disinvoltura e tutti coloro che hanno avuto modo di guidarla testimoniarono la facilità con cui si lasciava guidare. Già dotata di un sistema di frenata rigenerativa utilizzato per ricaricare la batteria ad ogni decelerazione, rendeva palese però in azione che molto era da rivedere, infatti era così debole che si poteva definire impercettibile.
Il cruscotto, con tutte le informazioni sull’autonomia e consumi energetici era molto intuitivo e facilitava l’integrazione del guidatore nello stile di vita elettrico.
La vettura proponeva due modalità di guida: Normal ed ECO, quest’ultima diminuiva la reattività della vettura aumentando l’autonomia di circa il 10%.
La batteria agli ioni di litio al momento del lancio aveva una capacità di 24 kWh, che forniva un’autonomia media di 160 chilometri per carica. Il pacco batteria che pesava circa 250 kg, si trovava sotto al pianale dell’auto, in modo da abbassare il più possibile il baricentro.
Durante i test eseguiti da vari giornalisti, l’autonomia reale variava tra i 76 km in autostrada con l’aria condizionata accesa, e i 220 km in marcia scorrevole su strada secondaria, senza aria condizionata. In città la Leaf era in grado di percorrere 170 km, valore che scendeva allegramente a 113 km se nel percorso vi erano porzioni di superstrade interurbane.
Il tempo di ricarica era di otto ore se collegato ad una stazione da 240 volt e più di 20 ore se collegata ad una presa domestica statunitense di 120 volt. Per acquistare una Leaf il prezzo partiva da 31.500 $ fino a 38.395 $.
Con un’autonomia di soli 160 chilometri, difficilmente la Nissan Leaf poteva diventare l’auto principale della famiglia ma piuttosto il veicolo adatto ai pendolari: casa-lavoro-casa. L’autonomia in certe zone del Nord America, poteva diminuire fino a 100 chilometri in condizioni di freddo estremo. Il cavo elettrico con cui era collegata l’auto costava circa 900 dollari e non era predisposta una sicurezza in caso di potenziali furti. Anche i 30.000€ richiesti per l’acquisto e la posizione di fascia alta voluto da Nissan rendevano difficile nascondere degli interni composti da materiali duri, poco lusinghieri, lungi dall’essere correlati al target premium previsto. D’altro canto, l’assenza di sedili elettrici riscaldati, il volante non regolabile e l’alzacristalli egoisticamente riservato al guidatore erano piuttosto scioccanti a questo livello di prezzo.
La berlina dei record, Tesla Model S
Sempre nel 2011, Tesla aveva costruito in modo artigianale almeno 3 prototipi della Model S, vennero chiamati: Alpha Built (in riferimento al mondo del software). I veicoli furono esposti al Salone dell’auto di Detroit “Detroit Auto Show “e la cosa interessante è che il portavoce di Tesla, Ricardo Reyes, definì la Model S come una “macchina molto economica”(il prezzo doveva assestarsi su 57.400 $), a suo dire erano soldi ben spesi dal momento che Tesla utilizzava tutto ciò che aveva imparato dalla Roadster per implementarlo nella Model S.
Rawlinson affermò che gli obiettivi da percorrere in un veicolo elettrico sono l’aerodinamicità e il risparmio di peso, il telaio interamente in alluminio e l’innovativa saldatura a punti aiutava in questo senso a risparmiare kg in eccesso.
La posizione bassa del baricentro dovuto alla scelta di alloggiare il pacco batteria (composto da oltre 7.000 celle agli ioni di litio), non più sotto il cofano come la Roadster ma bensì sotto al pianale, permise di scegliere delle barre antirollio più leggere che migliorano la qualità di guida. I vari accorgimenti costruttivi abbinati a delle sospensioni adeguate per una produzione in serie, permisero di ridurre il rumore e le vibrazioni complessive.
Il passo successivo era quello di entrare in beta, ovvero modelli pre-serie, costruiti nello stabilimento di Fremont, in California. Queste auto vennero utilizzate per vari test di guida, regolazioni e crash test. Per Tesla Motors, l’intera sfida del 2011 era dimostrare che erano in grado di industrializzare la produzione della berlina Model S e produrla in gran numero.
La redditività dell’azienda e il suo futuro dipendevano direttamente da questo. Anche se Tesla disponeva di fondi significativi, compresi i 465 milioni di euro prestati dal Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, la scommessa sulla Model S non era scontata. Industrializzare e commercializzare un’auto elettrica che doveva promettere il lusso di una BMW Serie 7, dunque restando tra i 60.000 € e gli 80.000 € e soprattutto se ne dovevano vendere 20.000 all’anno per raggiungere il pareggio.
Smart elettrica, urbana perfetta per antonomasia e l’avvento di Model S Signature Edition
La prima Smart elettrica arrivò sul mercato europeo nel 2011 ed era alimentata da un motore elettrico da 88.5 kW (41 cavalli). L’auto dichiarava un’autonomia di 135 chilometri e poteva raggiungere una velocità di punta di i 100 km/h e “spoiler”: il pacco batteria agli ioni di litio proveniva da Tesla Motors.
La Roadster fu la prima Tesla che creò la fama di Elon Musk, rimase in produzione nel mercato nord americano fino a gennaio 2012, fino a quando Lotus smise di costruire l’Elise e continuò a essere distribuita in Europa, Asia e Australia fino alla fine dell’anno. Ne furono vendute 2.500 unità e alcune testate giornalistiche decretarono che con essa era imminente la fine di Tesla Motors.
Bisognerà attendere la consegna delle prime dieci vetture Model S, per convincere i media che Tesla Motors faceva sul serio. Nel giugno 2012, in occasione di un evento organizzato da Tesla Motors, vennero consegnate le primissime vetture della speciale “Signature Series”, dedicata a tutti coloro che hanno creduto nel progetto di Elon Musk.
Durante l’evento, prese la parola Elon Musk, davanti ai dipendenti e intonò un discorso il cui contenuto merita di essere riassunto:
"La Model S sta rompendo quell'illusione che le auto elettriche non possono competere con le auto endotermiche, sta mostrando che un’auto elettrica può infatti essere la migliore auto del mondo! Ciò che la rende davvero importante, non sono solo le sue le dimensioni o l’estetica, ne la sicurezza o le prestazioni e neanche la tecnologia dell’interfaccia, ma qualcosa di fondamentalmente migliore, dentro questo modello si respira il lavoro di un fantastico team, quindi voglio dire grazie ragazzi, siete forti! Siete una squadra incredibile e la Model S rappresenta un nuovo punto di riferimento in termini di sicurezza automobilistica quindi davvero apprezzo lavorare con voi… In questo stabilimento ci sono già 2000 lavoratori e siamo orgogliosi di impiegare molti ex lavoratori di NUMMI, l’obiettivo di Tesla è quello di far crescere questo numero dimostrando che una produzione automobilistica high-tech si può fare in California."
Fu l’inizio della modalità di consegna personale di Tesla e la presentazione del telecomando della Model S, si trattava di una piccola rappresentazione in scala dell’auto.
Nell’agosto 2012 la produzione era di circa venti vetture a settimana e lo stabilimento di Fremont non raggiungeva le cento unità al mese, ben lontani dalle cadenze industriali delle Giga Factory attuali.
La Model S fu offerta in quattro versioni con tre capacità di batteria disponibili. La Model S 85 che offriva un’autonomia di 480 chilometri, la Model S 60 con 370 chilometri d’autonomia, le vetture erano in grado di fare uno scatto da 0 a 100 in 6 secondi.
La versione Model S 40 con 265 chilometri di autonomia e con lo 0 a 100 in poco meno di 7 secondi non vedrà mai la luce, la produzione fu fermata inizio 2013, visto che rappresentava solo il 4% degli ordini. I clienti che l’avevano ordinato ricevettero invece un modello S 60.
C’era anche la Model S P85, una versione con motore più potente e accelerazione fulminea con batteria da 85 kWh, prodotta da giugno 2012 a novembre 2014, raggiungeva i 100 km/h in 4,4 secondi ed una velocità massima limitata a 210 km/h.
Parallelamente al lancio della berlina di lusso elettrica, il 24 settembre 2012 Elon Musk annunciò il lancio di una rete di Supercharger, stazioni di ricarica ultraveloci sia negli Stati Uniti che in Europa ed accessibili gratuitamente per i possessori della Model S.
La Tesla Model S del produttore californiano, sbalordì molte persone, cambiò la percezione della propulsione elettrica non solo per l’accelerazione fenomenale o l’ottima autonomia ma per il sapiente mix di lusso e sobrietà. La berlina era ben al di sopra dalla spartana Roadster, anche se il peso superva quello della piccola due posti di ben 900 kg, pressoché impercettibili nel momento in cui si inforcava il volante in pelle e si premeva sul pedale dell’acceleratore.
La Model S on le sue linee eleganti e armoniose fin nei minimi dettagli non rinnegava le sue origini americane, fianchi generosi, muso spiovente, cerchi larghi e avantreno aggressivo. Lo spazio a bordo impressionante, con dettagli tipicamente “statunitensi” come i grandi porta bicchieri, i sedili molto ampi e la configurazione “tre volumi” con il baule. Per aprire la porta dall’esterno bastava toccare l’interno della maniglia a scomparsa (nessuna azione meccanica) e a vettura chiusa, le maniglie erano appena a filo con la carrozzeria, a veicolo aperto le maniglie si aprivano di pochi centimetri.
L’ampio touch screen da 17 pollici godeva di un’ottima risoluzione, impiantato in modalità verticale attirò tutte le attenzioni per le numerose regolazioni e funzioni che si riuscivano a controllare e selezionare rapidamente risultando intuitivo e molto facile da usare.
Grazie ad esso si poteva comandare per esempio il livello di assistenza alla sterzata e alla frenata, l’altezza da terra, il livello di recupero di energia in decelerazione e persino aprire il bagagliaio anteriore denominato “frunk” da ben 150 L che si aggiunse al bagagliaio posteriore di 745 L (1645 L con il sedile ribaltato).
Renault Zoe, forse la prima vera elettrica di massa
Nel 2012 in Europa e soprattutto in Francia, al di fuori della Smart Fortwo Electric Drive e della Nissan Leaf, i modelli disponibili per la vendita ai privati erano ben pochi, storia-auto-elettrica-parte-14: Renault Fluence ZE, Peugeot iOn, Citroën C-Zero e Mitsubishi i-Miev. Le loro vendite rimanevano ridicolmente basse, in totale 1.725 immatricolazioni nel 2011, una goccia d’acqua rispetto al mercato francese complessivo. Non c’era da stupirsi perché il veicolo elettrico rimaneva penalizzato da diversi ostacoli tra cui il prezzo d’acquisto ancora alto, l’autonomia dichiarata troppo bassa, dei tempi di ricarica troppo lunghi e delle infrastrutture di ricarica rapida insufficienti e via di seguito.
Nel 2012 la Renault Zoe fu presentata al Salone Internazionale dell’Automobile di Ginevra e commercializzata nel 2013 rappresentando la vera transizione del marchio verso la mobilità elettrica. La familiare Fluence ZE o l’utility Kangoo ZE (per i professionisti) furono dei modelli di nicchia lanciati frettolosamente per occupare delle posizioni di mercato (ma anche per effettuare dei test e scandagliare il terreno). Con la Zoe, Renault applicò una nuova strategia, il modello presentava delle dimensioni compatte (4,08 metri), che permettevano al veicolo di spostarsi facilmente in città e un portabagagli di 379 litri.
La Zoe fu pensata sin dall’inizio della sua progettazione come un veicolo elettrico al 100%. L’investimento finanziario ammontava a miliardi di euro (4 miliardi già fagocitati dal gruppo Renault-Nissan nel progetto elettrico), che apri molte porte in termini tecnologici e industriali.
Prodotta nello stabilimento Renault di Flins, la Zoe beneficiò delle batterie agli ioni di litio da 41 kWh alloggiate nel pianale, e di componenti ausiliari sviluppati appositamente (ad esempio, l’aria condizionata programmabile o la frenata rigenerativa). Dotata di trazione anteriore, il motore da 65 kW (88 CV), la vettura poteva raggiungere i 135 km/h, la coppia massima era di 225 Nm.
Benché il veicolo presentava un peso a vuoto di 1503 kg l’autonomia annunciata era di 210 km nel ciclo misto. La Zoe sarà molto più efficiente su questo punto, molto di più rispetto ai modelli dei concorrenti che si accontentavano di un massimo di 150 chilometri. Allo stesso tempo il prezzo era più che competitivo a partire da 20.700 euro senza agevolazioni anche se si doveva aggiungere il prezzo mensile del noleggio della batteria (ovvero 79 euro sulla base di 12.500 chilometri al mese), un’assicurazione sul pacco batteria che si aggiungeva alla classica assicurazione della vettura.
Il tempo di ricarica completa, oscillava tra i 30 minuti nella configurazione trifase da 43ekW/h ma richiedeva più di 18 ore se si era dotati solo di una presa domestica standard.
Per dimostrare le prestazioni e la resistenza del powertrain, il 1 giugno del 2012, Nel comune francese di Le Val d’Hazey, due squadre con due Renault Zoe, percorsero l’anello di velocità del CTA (Centre Technique d’Aubevoe). Al volante, quindici conducenti che si alternarono per 24 ore e tagliarono il traguardo, percorrendo 1.618 km e 1.506 km.
Per raggiungere queste prestazioni, Zoe ha beneficiato del caricabatterie Chamaleon charger. Questo caricatore imbarcato permetteva di recuperare una potenza AC elevata, da 3 kW a 43 kW, e la convertiva in DC per alimentare il pacco batteria della Zoe. Renualt Zoe ha potuto quindi beneficiare della ricarica rapida a 43 kW per recuperare l’80% della capacità della batteria in meno di 30 minuti. Le Zoe effettuarono 18 ricariche rapide in 24 ore.
Una Tesla a 7 posti e una Smart aggiornata
All’inizio del 2013 per consentire di provare la lussuosa berlina, a mille privilegiati europei che avevano già prenotato una Model S a fronte di poche migliaia di euro, venne organizzato un « Get Amped Model S Tour ». L’evento mobilitò 40 persone per 4 mesi e con 5 scali: 25-27/01 a Monaco di Baviera (Germania), 1-3/02 a Zurigo (Svizzera), 7-10/02 Anversa (Belgio), 15-17/02 Amburgo (Germania) e 22-24/02 a Copenaghen (Danimarca).
Nel marzo 2013, a seguito di difficoltà finanziarie e per concentrarsi sulla produzione della sua berlina Model S, Tesla Motors rinviò di un anno la commercializzazione della Model X, inizialmente prevista per la fine del 2013. I clienti europei dovettero comunque aspettare il 2014 prima di poter finalmente ottenere le Model S, sebbene Tesla Motors avesse già ricevuto circa 14.000 prenotazioni.
Nel 2014, la versione Smart Fortwo Electric Drive 2.0 era molto diversa con un pacco batteria progettato internamente da Daimler con il supporto di Bosch. La potenza era ora di 75 cavalli, la velocità massima raggiungeva i 125 km/h e Smart annunciò un’autonomia di 145 chilometri il che aumentava il raggio di attività dell’auto con la possibilità di muoversi senza problemi in autostrada ma nella vita reale difficilmente si poteva ottenere un’autonomia maggiore di 110 km.
All’interno dell’abitacolo non ci furono grandi cambiamenti tra il modello standard a benzina e la versione elettrica. Gli indicatori a differenza di segnalare il livello del combustibile davano l’informazione di carica della batteria e i chilometri rimanenti. Guidare la versione elettrica era molto più piacevole e appagante dal momento che la city car era nervosa, la potenza istantanea del motore elettrico portava rapidamente la vettura a 100 km/h in 11,5 secondi. Un altro vantaggio era la risposta istantanea dell’acceleratore ad ogni richiesta, rendendola immensamente più divertente da guidare della sorella endotermica.
Il peso extra del pacco batteria, dava più equilibrio alla Smart e le sospensioni riviste permettevano di offrire un miglior comfort per i passeggeri. La Smart era comunque vista come una seconda macchina, godendo di uno status quo privilegiato nel circolare nelle aree urbane, riuscendo ad intrufolarsi nei cunicoli e nelle strette vie della città senza difficoltà.
Conclusione
Il gruppo di Carlos Ghosn voleva affermarsi come leader mondiale delle auto elettriche, con tutta una gamma di veicoli, giustificando le sue ambizioni stimando entro il 2020 chei veicoli elettrici dovevano rappresentare il 10% della produzione mondiale. Carlos Ghosn dichiarava che questa crescita era possibile esclusivamente grazie alla creazione di programmi d’incentivi da parte dei vari governi e sviluppando reti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Mentre i concorrenti rimanevano ben più pessimisti o misurati, vedendo questa quota di mercato non superiore al 5% nel 2020. All’epoca nessuno poteva calcolare certi imprevisti come la crisi economica generata dalla pandemia, la carenza di microprocessori e dei governi fossili integralisti.
Quando è nata l’auto elettrica moderna, era chiaro che la ricarica rapida sarebbe stata un fattore determinante, d’altro canto si sapeva anche che la maggior parte delle ricariche sarebbero state fatte a casa o in stazioni di ricarica lenta, quindi le auto dovevano avere due metodi di ricarica. Prendiamo il caso delle prime due auto elettriche veramente mainstream la Renault Zoe e la Nissan Leaf, sebbene appartengano allo stesso gruppo automobilistico il team di ingegneri andò in due direzioni opposte. La Zoe scommise sulla ricarica in corrente alternata, il suo caricatore di bordo si affidava all’elettronica di potenza del motore e persino al motore stesso per offrire una potenza di ricarica massima di 43 kilowatt piuttosto intelligente ma limitato. D’altro canto Nissan preferiva separare le ricariche della Life, infatti era dotata di due prese diverse una per le ricariche lente fino a 6,6 kW in monofase quindi in corrente alternata e l’altra in corrente continua fino a 100 kW. La Nissan Leaf fece molto meglio della Zoe ma al costo di terminali e connettori complessi e pesanti. Quando Tesla arrivò sul mercato con la sua Model S, Tesla Motors voleva che il sistema fosse semplice, efficiente ma anche leggero, risparmiando materiale e offrendo un’esperienza utente eccezionale, quindi creò un connettore minuscolo che utilizzava perfettamente il know-how del produttore.
Il lancio della Model S fu una grande impresa, va ricordato che Tesla aveva meno di dieci anni di esistenza e proporre un’auto elettrica nel top di gamma, su un pianale specifico non era roba da poco. Nell’ottobre 2014, Tesla consentì ai suoi clienti di acquistare in anticipo la funzione “Pilota automatico” in un pacchetto di equipaggiamento chiamato “Pacchetto tecnico”. A quel tempo, Tesla annunciò che il pilota automatico avrebbe incluso delle capacità semi-autonome di guida e parcheggio ma non era progettato per la guida autonoma.
Gli anni che seguirono furono cruciali per il settore della mobilità elettrica e dal momento che siete arrivati sin qui, non possiamo fare altro che chiedervi di non perdere la prossima puntata.
➡️ Puntata successiva: Storia dell’auto elettrica – Parte #16: l’elettromobile
Senza delle figure chiave come Carlos Ghosn e Elon Musk, l’auto elettrica non sarebbe mai stata quella che conosciamo oggi?
Bel racconto, in bocca al lupo con la tua nuova BMW
Ciao Francesco, qui trovi tutte le info e le condizioni. https://ecobonus.mise.gov.it/ecobonus/chi-ne-ha-diritto
“D’altro canto l’alloggio è posizionato nel prolungamento del parafango in plastica e non nella carrozzeria, pertanto non dovrebbe rappresentare un…
Ciao, volevo chiedere sè ad oggi Settembre 2023, c’è ancora la possibilità di avere un’ulteriore 50% sugli incentivi per chi…
Devono provarci e sbatterci la testa, quando si saranno rotti le corna impareranno …