Carissimi Elettronauti, la seconda puntata della storia dell’auto elettrica, segue l’ascensione fulminea delle macchine elettriche soprattutto in ambito urbano come La Rauch & Lang Electric in prima pagina. Nel 1908 ne furono prodotte 500 vetture, e fu votata come l’auto più popolare nel 1911 per l’ottima carrozzeria, buone finiture e qualità costruttiva.
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Kriéger
In Francia, nel 1902 la Compagnie Parisienne des Voitures Electriques (procédés Kriéger) aveva rilevato la società fondata nel 1897 dall’ingegnere Louis Antoine Kriéger utilizzando i suoi brevetti sul powertrain elettrico come i motori in parallelo con sistema di recupero dell’energia in frenata oltre ai classici freni sulle ruote.
Agli inizi del secolo, i modelli erano la Brougham, la Landaulet e la Electrolette ma fu il veicolo Kriéger Electric Brougham uno dei primi esemplari apprezzato dalle società di taxi per le sue prestazioni, la sua silenziosità di funzionamento.
La carrozza Kriéger era azionata da due motori elettrici Postel-Vinay, con un’autonomia di circa 80–90 km quando le batterie erano completamente cariche, munita di frenata rigenerativa, un peso totale di circa 2 tonnellate e una velocità massima di 30–40 km/h.
Prima macchina elettrica italiana
Il triciclo del 1891 inventato dal Conte Giuseppe Carli, fu la prima auto elettrica Made in Italy, anche se non ebbe la possibilità di essere prodotta in serie e rimase un prototipo ricorda che anche nel nostro Bel Paese ci fu un grande interesse per la “carrozza senza cavalli” anche se era vista come un oggetto di lusso dal momento che l’industria non offriva un prodotto commerciale a basso costo ma piuttosto riservato a l’élite cittadina.
Accumulatori “Tudor”
Enrico Tudor ideò un nuovo sistema di fabbricazione di elettrodi per accumulatori che sommava i vantaggi delle scoperte degli elettrodi di Planté e i sali e gli ossidi impiegati da Faure (Storia dell’auto elettrica – Parte #1: l’elettromobile), eliminando gli inconvenienti di entrambi e dando una ottima capacità agli accumulatori. Brevettato in tutti i principali Stati del mondo, in Italia il brevetto “Tudor” fu preso nell’estate dell’anno 1893 dalla “Fabbrica Nazionale di Accumulatori Brevetto Tudor” con sede a Genova nel quartiere di Sampierdarena e fornì i suoi pacchi batteria a tutti i produttori dell’epoca di veicoli elettrici.
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Ausonia
Nel 1899 apre nella periferia di Milano, la prima Società Italiana Vetture Elettriche S.I.V.E. grazie alla volontà dell’ingegnere Gino Turinelli che pochi anni dopo si mise in società con la O.S.V.A. Officine Sesto San Giovanni, una realtà che produceva stufe ma che voleva diversificarsi e cosi da questo strano binomio nacque l’azienda Ausonia.
I veicoli Ausonia montavano motori elettrici da 5 CV ciascuno alle ruote posteriori, 5 differenti velocità di marcia, i 6, 12, 20 e 25 km/h e due posizioni in retromarcia. Il powertrain composto da accumulatori Tudor, era in un telaio in legno il resto della struttura portante era in tubi d’acciaio, assai meno ingombranti del legno sino ad allora utilizzato per le carrozze e rendeva le vetture più leggere il che aumentava l’autonomia massima dichiarata dalla casa costruttrice che si aggirava sui 50 km.
Una di queste automobili lussuose e accessoriate (fari elettrici e scaldapiedi elettrici e porta-bastoni e ombrelli fu acquistata dal marchese Raffaele Cappelli, deputato del Regno d’Italia a Roma. Il proprietario, volendo provare le doti del mezzo, invitò 5 persone a bordo e girò per le viuzze acciottolate della città e le strade di ghiaia superando i vari colli e castelli della capitale, passando per Grottaferrata e Marino e la ripida salita Tuscolana in direzione Frascati. Dopo ben 63 km il veicolo aveva ancora energia da vendere il ché sbigottì il marchese che descrisse il suo viaggio in una lettera pubblicata sul Corriere della Sera del 4 aprile 1907.
I furgoni Ausonia effettuavano la maggior parte del traffico postale milanese ma con il progresso dei motori endotermici, la società sospese la produzione dell’Ausonia alla fine del 1910 in quanto ritenuta non sufficientemente remunerativa. Tuttavia, i modelli commerciali, praticamente indistruttibili, rimasero in servizio fino al dopoguerra.
1900, Ferdinand Porsche presenta la Lhoner
Ritorniamo un attimo indietro nel tempo al 1900 per l’esattezza, bisogna sapere che la prima grande passione di Ferdinand Porsche, non era l’automobile ma bensì l’elettricità. Il suo primo lavoro di ingegneria è stato presso un’azienda austriaca che produceva apparecchiature elettriche ed è lì che gli fu chiesto di progettare un motore elettrico per il produttore di carrozze reali austriaco, Jacob Lohner & Co. I motori elettrici dovevano essere alloggiati all’interno delle ruote della carrozza.
Ferdinand Porsche ha inventato un motore elettrico alloggiato nella ruota. Le prestazioni erano eccellenti perché il propulsore era rotante e produceva pochissimo attrito. Per la Lohner due motori elettrici erano disposti direttamente nel mozzo delle ruote anteriori in modo che le ruote motrici svolgessero anche la funzione sterzante.
La Lohner montava 400 Kg di batteria per un’autonomia di 65 Km, l’auto raggiungeva una velocità massima di circa 50 km/h e alla quinta Esposizione Universale di Parigi fu salutata dalla stampa come la “novità più distintiva” e “l’innovazione epocale“.
Le versioni di questa vettura vinsero diverse gare, spesso con lo stesso Porsche al volante. Una versione “sportiva”, era capace di una velocità massima di 60 km/h, aveva motori elettrici su tutte e quattro le ruote e un pacco batteria al pb da 1.800 kg.
Nel 1905, Krieger aveva unito le forze con la casa automobilistica Brasier e nel 1906, la Kriéger-Brasier riprodusse il medesimo schema ibrido della Lohner con due motori elettrici e uno a benzina.
Nel 1910, quasi il 3% del mercato parigino dei taxi era composto da modelli Krieger-Brasier dotate di trasmissione elettrica, un motore Brasier a 4 cilindri, che accoppiato a un generatore, alimentava i due motori delle ruote anteriori: una primissima auto ibrida
Viktoria, taxi di lusso
Nel 1905, l’automobile Viktoria prodotta da Siemens-Schuckert, fu uno dei primi veicoli a funzionare a Berlino esclusivamente con l’elettricità soprattutto in veste di un elegante taxi d’albergo.
Il produttore Siemens le produceva basandosi sul fatto che l’auto a benzina non soddisfaceva la soluzione auspicata per le città dal momento che inquinava l’aria e produceva un rumore assordante e non raggiungeva il confort di guida rilassata di un’auto elettrica.
Il pacco batterie era disposto sotto il cofano anteriore, pronto per essere rimosso e sostituito in breve tempo da un pacco batterie carico con l’ausilio di una puleggia.
S.T.A.E.
La STAE Società Torinese Automobili Elettrici, è stata una casa automobilistica italiana specializzata nella costruzione di veicoli elettrici chiamati “elettromobili” basati sul “sistema Kriéger“. Difatti le vetture furono prodotte su licenza Kriéger che all’epoca godeva di grande favore tra il pubblico. L’azienda con sede in Corso Regina Margherita nacque nel 1905 con il nome di Società Italiana Automobili Kriéger, produsse sia veicoli ibridi dotati di due motori elettrici a trasmissione cardanica, alimentati da un motore a benzina con alternatore che veicoli full elettrici (vetture e camion elettrici). Nel 1907 l’azienda viene acquistata da imprenditori torinesi e continuò a produrre veicoli assumendo la denominazione STAE ma cessò la produzione e si sciolse nel 1913 come tante altre aziende con l’affermarsi dei veicoli a motore a combustione interna.
L’ascesa degli Stati Uniti
Gli Stati Uniti furono il principale esportatore mondiale. I giganteschi progressi tecnici e scientifici, generati dalla prima rivoluzione industriale, furono all’origine di nuove industrie (in campi molto vari come la chimica, la metallurgia, l’automobile, l’aviazione, l’elettricità, ecc.). Il baricentro dell’economia globale era cambiato. Gli Stati Uniti erano diventati, a scapito dell’Europa (in primis Gran Bretagna e Francia), la prima potenza mondiale. Il capitalismo si era sviluppato negli Stati Uniti seguendo una velocità accelerata, rispetto all’Europa.
1902, Walter Baker e il record mondiale di velocità
Nel 1902 a Ormond Beach, in Florida, l’ingegnere Baker aveva raggiunto la velocità miracolosa di 167 km/h, un record mondiale su di un chassis aerodinamico, futuristico per l’epoca.
Il motore elettrico da 14 cavalli con trasmissione a catena era montato dietro al sedile e intorno al pilota una serie di accumulatori al piombo da 40 celle fornivano l’energia. Con il baricentro basso, era la prima volta nella storia dell’auto che si montavano delle cinture di sicurezza.
Nel 1907 Baker Motor Vehicle Co. a Cleveland, Ohio (USA), aveva 17 modelli, il più piccolo era lo Stanhope e il più grande il coupé Inside Drive.
C’era anche l’Extension Front Brougham da 4.000 dollari con il sedile del conducente posizionato dietro i passeggeri che imitava la cabina di una carrozza.
Nel 1907, Baker aveva anche introdotto una linea di camion con capacità fino a cinque tonnellate.
Alla fine del 1910, le Electric Baker erano piuttosto lussuose e costavano parecchio difatti se adeguati all’inflazione, questi veicoli costerebbero oggi tra i 100000$ e 200.000$.
Aneddoto; una Baker Electric faceva parte della prima flotta di auto della Casa Bianca ed è stata guidata da Helen Taft, moglie di William Howard Taft (27º presidente degli Stati Uniti d’America), e successivamente dalla first lady statunitense Edith Bolling Wilson.
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Thomas Edison: “ il futuro sarà elettrico”
L’inventore Thomas Edison, aveva affermato che l’elettricità era il futuro poiché: “tutto il petrolio sarebbe stato pompato fuori dal suolo” ed è riuscito a costruire tre auto, una delle quali ha guidato dalla Scozia a Londra, caricandola lungo il percorso. La sua auto elettrica con due batterie da 15 volt e un motore elettrico da 30 volt poteva raggiungere una velocità di 40 Km/h.
Benché possa sembrare un paradosso, bisogna sapere che l’imprenditore Henry Ford e l’inventore Thomas Edison, erano amici di vecchia data e ci fu anche un tempo in cui decisero di dar vita ad un progetto di costruzione di un’auto elettrica che sia economica ma purtroppo, dopo numerosi esperimenti che sembravano promettere bene, rinunciarono all’idea.
Qui di seguito il modello Detroit Electric Model 47 Brougham con l’originale quadro strumenti. Uno di questi veicoli fu comprato da Henry Ford per sua moglie Clara.
La Detroit Electric Car Company
La società produsse a partire dal 1907 veicoli urbani che portavano il nome della società. La velocità massima era di 32 km/h, l’autonomia di ben 130 chilometri e nel 1910 si producevano più di 800 esemplari.
Si può affermare che si tratta di un marchio che segnò la “Belle epoque”, e Carl Barks uno dei più grandi maestri della storia del fumetto statunitense scelse un’auto elettrica della Detroit Electric Company come macchina ufficiale di nonna Papera!
Il modello del 1914 si chiamava Priscilla e la sua produzione finì negli anni ’20.
Ford T a benzina, prima auto prodotta in serie
Nel 1908, il lancio della Ford T a benzina, la prima automobile prodotta in serie al mondo, minò il futuro dell’auto elettrica per effetto del suo elevato costo.
La Ford Model T, prima vettura con motore endotermico, consentì a Henry Ford di calmierare sensibilmente i prezzi, grazie alla riduzione dei costi di produzione, attraverso l’intuizione della catena di montaggio, applicata per la prima volta alla produzione automobilistica. Un plus che avvicinò il costo della Model T alle reali possibilità delle persone, anche più comuni, divenendo così in breve tempo l’auto “alla portata di tutti”, visto il prezzo di vendita era di ben sei volte inferiore a quello di un’auto elettrica.
In seguito, grazie all’invenzione del motorino elettrico, ad opera di Charles Franklin Kettering della Dayton Electric Co. (DELCO), fu possibile avviare sul viale della pensione la famosa e pesante “manovella”.
Midland Railway Company
Durante la Prima Guerra Mondiale il prezzo del carburante diventava proibitivo e diverse realtà decisero di puntare sui veicoli elettrici, soprattutto per lavori di raccolta e pulizia delle strade.
L’Inghilterra ampliò il settore dei camion elettrici e un esempio fu la MRC (Midland Railway Company), che si affidava a degli autocarri elettrici con un’autonomia a pieno carico di circa 48 km per consegnare la merce agli uffici presenti in città.
Conclusioni
L’auto elettrica con le sue performance sembrava la tecnologia più promettente per l’epoca, difatti le auto a benzina venivano viste come poco pratiche e pericolose. L’elettromobile, con la sua assenza di vibrazioni, odori e rumori veniva spesso utilizzata dalle donne più distinte dell’epoca.
Il vero punto debole, che limitò la diffusione della mobilità elettrica, era la tecnologia ancora grezza, oltre alla limitata autonomia fornita dalle grandi e pesanti batterie. L’auto elettrica era destinata a un uso esclusivamente cittadino, inoltre non si perfezionò nessun sistema di controllo della carica e della trazione.
L’auto elettrica era vista come oggetto di lusso e l’industria non offriva un veicolo a basso costo per la massa ma un prodotto commerciale riservato a l’Elite. L’endotermico grazie alla Ford Model T rendeva l’automobile alla portata della classe media e la scoperta di enormi riserve petrolifere in Texas e in Oklahoma, resero il prezzo del gallone molto più vantaggioso di quello del kilowatt!
Alla fine della Prima Guerra Mondiale, le auto elettriche sembravano destinate a sparire definitivamente ma cari amici elettronauti, la storia non finisce mica qui, anzi vi invito a leggere la terza parte di questa incredibile avventura.
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wow quante informazioni non pensavo affatto che fossero state fatte tante auto così!