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    Storia dell’auto elettrica – Parte #5 l’elettromobile

    Avanti veloce fino alla fine degli anni ’60 snoccioliamo gli ultimi modelli che suscitarono interesse per le auto elettriche e gli inizi di un decennio notevolmente creativo.

    ⬅️ Puntata precedente: Storia dell’auto elettrica – Parte #4: l’elettromobile

    AMC Amitron

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    Amc amitron 1967 | elettronauti It

    Tre progetti di legge approvati dall’89° Congresso degli Stati Uniti, descritti collettivamente come “Electric Vehicle Development Act of 1966“, prevedevano un finanziamento per la ricerca sulle auto elettriche in risposta al rapido declino della qualità dell’aria causato dalle emissioni delle automobili. Questa legislazione spinse lo sviluppo del prototipo denominato Amitron risultato dalla joint venture tra l’American Motors e Gulton Industries, a Metuchen (New Jersey) nel 1967. Roy D. Chapin Jr. CEO di AMC, parlando dell’Amitron disse: “può eliminare molti dei problemi che hanno reso impraticabile l’uso di veicoli elettrici”.

    Si tratta di un veicolo urbano, 2,16 m di lunghezza, una larghezza di 1,77 m, un’altezza di 1,17 m e il passo è di 1,52 m. La sua originalità, al di fuori dalla carrozzeria, sta nell’abbinamento di un pacco batteria di trazione avente accumulatori con due diverse chimiche.

    C’erano due gruppi di batterie composte da celle al fluoruro di litio-nichel (LIF) dal peso cadauno di 34 kg, più compatte e leggere rispetto a quelle convenzionali al pb, immagazzinano 10 volte più energia.

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    Amc e gulton industries progetto amitron 1967 | elettronauti It

    La vettura monta anche due batterie al nichel-cadmio (NiCd) da 11 kg ciascuna, con un sistema di controllo integrato nel pacco batteria che gestiva il flusso di corrente dei due gruppi di batterie. Le batterie al litio fornivano potenza se si viaggiava a un ritmo moderato, invece in caso di accelerazioni brusche le batterie al nichel-cadmio davano il “boost” necessario. Un moto generatore ricaricava il pacco durante la marcia. Con un’autonomia dichiarata di 240 km e una velocità di 80 km/h, una ricarica completa collegandosi alla presa domestica si otteneva in circa 4 ore. Il veicolo era predisposto di frenata rigenerativa che permetteva un buon 25% di ulteriore autonomia dell’auto.

    L’Amitron proponeva tre posti anteriori, escluso il sedile del conducente gli altri sedili per i passeggeri potevano essere sgonfiati e abbassati a livello del pavimento per offrire un’ampia superficie di carico. Il powertrain prendeva posto dietro ai sedili, gli ampi paraurti sono concepiti come parti integranti della vettura, realizzati in gomma vinilica in modo da assorbire gli urti e ritornare poi alla forma originale.

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    Amc con amitron voleva dimostrare che lauto elettrica era già pronta nel 1969 | elettronauti It

    La piccola concept car di American Motors era pensata per essere una previsione delle future micro macchine per pendolari e pertanto non fu mai prodotta ma rimase una vetrina della tecnologia presente all’epoca.

    Berliner

    Ford presenta nel 1968 un veicolo elettrico di tipologia urbano progettato e prodotto nel nuovo centro Ford di Merkenich nella Repubblica Federale di Germania RFG (Germania Ovest) e denominato: Berliner.

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    Concept berliner 1968 | elettronauti It

    La designazione “BERLINER” è stata ispirata dalla confessione del presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy; “I am a Bärliner” celebre frase pronunciata il 26 giugno 1963 dal presidente degli Stati Uniti.

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    Hans a muth ford design executive al volante del concept berliner | elettronauti It

    Si tratta di un prototipo sperimentale per la ricerca di una soluzione al problema della congestione urbana, che da tempo preoccupava i progettisti e gli ingegneri della Ford. La ricerca è rivolta tanto alla forma e al design quanto ai mezzi di propulsione.

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    Concept Berliner | Elettronauti.it

    La lunghezza è di 2.133 m e la larghezza complessiva sono di 1,37 m, autonomia dichiarata di 70 km e una velocità massima di 60 km/h. L’auto era progettata per trasportare quattro persone e offriva uno spazio interno paragonabile a quello di un’auto lunga il doppio. Poteva essere trasformata in un veicolo per le consegne o in una station wagon grazie al sistema di sedili ribaltabili Ford. Questo risultato è stato ottenuto installando i due sedili posteriori rivolti contromarcia e si poteva ripiegare i tre sedili passeggeri, in modo da avere un’ampia area per il carico.

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    Concept berliner interni abitacolo | elettronauti It

    I comandi si riducevano ad un selettore di marcia avanti o retromarcia, un acceleratore e un freno. Il veicolo era alimentato elettricamente da batterie convenzionali al pb e disponeva di un sistema di trasmissione che azionava le ruote posteriori.

    La ricerca sulla propulsione elettrica continuò da parte di Ford nei suoi centri negli Stati Uniti e la city car Berliner rimase allo stato di concept (un unico modello) e il prototipo si trova attualmente nel Museo tedesco della tecnologia.

    Negli anni ’70 il fascino dell’auto elettrica stava prendendo piede, le strade erano adesso curate ed asfaltate, la fornitura di energia elettrica capillare, standardizzata e più economica della benzina dunque sembrava che la strada fosse segnata e che il veicolo elettrico potesse appropriarsi di una buona fetta di mercato proponendosi come auto da città.

    Mazda EX 005

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    Mazda EX 005 | Elettronauti.it

    Al Tokyo Motor Show 1970, Mazda presentò una city car elettrica da quattro posti col range extender. Mediante una dinamo azionata da un piccolo motore rotativo a rotore singolo wankel che ruotava a velocità costante per mantenere in carica un pacco batteria composto da accumulatori da 12V al pb.

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    Mazda ex 005 4 posti e un joystick | elettronauti It

    La macchina RX-500, era composta da tre elementi in plastica stampata: piattaforma rimovibile, interno e tetto. I cambi di direzione, l’accelerazione e la frenata erano comandati da un’unica leva posizionata tra i sedili anteriori. Una “capsula” dalle dimensioni contenute: lunghezza 2.230 m, larghezza 1.450 m, altezza 1.590 m. I passeggeri che salivano a bordo della RX-500, si sedevano schiena contro schiena e guardavano il mondo attraverso un parabrezza curvo panoramico.

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    Mazda EX 005 pacco batteria composto da accumulatori da 12v al pb | Elettronauti.it

    L’auto era controllata da un joystick e le sue quattro ruote erano disposte secondo un orientamento a rombo anziché ai quattro angoli (notare i passaruota anteriori e posteriori). Non conosciamo ne l’autonomia, ne la velocità o i tempi di ricarica forse anche perché a causa della mancanza di comfort, spazio e sicurezza, la vetturetta l’EX-005 rimase una show car. L’idea del range extender è ritornata di moda in casa Mazda con la MX-30 R-EV.

    Nissan 315X

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    315X, Motor Show di Tokyo, 1970 | Elettronauti.it

    Nel 1970, Nissan presentò al Motor Show di Tokyo il suo concept di city car elettrica 315X 2 porte e 2 posti. Con un motore da 5 kW, accoppiato a una batteria da 120 V 60 Ah, velocità dichiarata di 40 km/h. Le dimensioni di questa macchina sono ridotte a 2.416 m di lunghezza e 1.35 m di larghezza.

    ⚡️ Leggi anche: Sai cos’è un ”Elettro Nerd” ?

    Legrand Electric Car

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    Legrand electric car, 1970 | Elettronauti.it

    Illinois, Stati Uniti, questa kit car completata nel 1970, fu costruita in cinque anni da un privato il signor Glenn Legrand.

    La Legrand Electric Car, è un’auto elettrica unica nel suo genere, realizzata seguendo i progetti pubblicati nella rivista Popular Mechanics Magazine che ai quei tempi proponeva ai suoi lettori quel genere di cose.

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    Il posteriore della legrand electric car | elettronauti It

    Questo modello di “Johnny Cab”, come il veicolo taxi del film Atto di forza (Total Recall, 1990), ha la scocca della Volkswagen Maggiolino e la carrozzeria realizzata con una combinazione di schiuma poliuretanica e fibra di vetro.

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    Pacco batteria vano anteriore della legrand electric car | elettronauti It
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    Particolare della legrand electric car | elettronauti It

    Motore elettrico da 6 kW (8 CV) e 12 batterie da 6 volt per un totale di 72 V collegate in serie, una batteria al pb da 12 che alimenta le luci, gli indicatori di direzione ecc. L’autonomia dichiarata è di 81 km e la velocità massima si attesta sui 89 km/h. 

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    Cambio manuale della legrand electric car | elettronauti It

    La Legrand utilizza un cambio manuale, solo per selezionare la marcia avanti e indietro. 

    Rover modulo lunare

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    1971, Rover veicolo lunare elettrico, missione Apollo 15, astronauta Jim Irwin (immagine per gentile concessione della NASA) | Elettronauti.it

    La NASA ha contribuito a riportare alla ribalta i veicoli elettrici nel 1971. Nella prima missione con equipaggio sulla luna, l’elettricità ha alimentato il Rover lunare. I motori sono alimentati da due batterie primarie pertanto non ricaricabili da 36V, capacità 121Ah e ciascuna pesa 27 kg. Di tipo zinco/ossido di argento, le celle che compongono i pacco batteria sono immerse in un elettrolita a base di idrossido di potassio, il tutto permette un’elevatissima energia specifica riferita al volume e una scarica stabile.

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    Rover lunare elettrico apollo 17 joe engle e eugene cernan | elettronauti It

    Le batterie possono funzionare singolarmente o in parallelo e durante il funzionamento viene utilizzata una sola batteria che ha una capacità sufficiente per alimentare i motori durante le tre escursioni. La seconda batteria è presente per sicurezza. Le batterie alimentano anche le varie centraline elettroniche che consumano circa 50 watt quando il veicolo è in movimento.

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    1972, Lunar Rover, veicolo elettrico, missione Apollo 16, astronauta James Irwin (immagine per gentile concessione della NASA) | Elettronauti.it

    Il telaio del Rover era composto da tubi saldati in lega di alluminio di tipo 2219, con una massa a vuoto di 210 kg e a pieno carico la sua massa saliva a 700 kg (peso sulla Terra: 6.867 N, sulla Luna 1.141 N) con un carico utile di 490 kg (4.807N sulla Terra, 799N sulla superficie lunare) che si riducevano a 363 kg per il 2 astronauti e 172 kg per i campioni lunari, gli strumenti e le attrezzature varie.

    Storia dell’auto elettrica – parte #4 l’elettromobile | elettronauti. It
    Rover lunare elettrico apollo 17 eugene cernan | elettronauti It

    La velocità del Rover era limitata a 14km/h ma durante la missione Apollo 17, sulle pendici della scarpata Lee-Lincoln si registrò una velocità di 17,7km/h. In piano la velocità massima era di 10km/h e l’energia immagazzinata a bordo del Rover permetteva di percorrere 90km. In realtà per ragioni anche legate alla sicurezza, la distanza massima percorsa durante la missione Apollo 17 è stata di 35km.

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    Mercedes-Benz LE 306

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    Furgone elettrico mercedes benz le 306 | elettronauti It

    Un furgone di serie, il modello Mercedes-Benz LE 306, fu elettrificato in occasione dell’evento “Giornate di Studio sui Veicoli Elettrici” dell’Unione Internazionale dei Produttori e Distributori di Energia Elettrica UNIPEDE (Union Internationale des Producteurs et Distributeurs d’Énergie Électrique), Bruxelles 1972.

    Sulla fiancata si poteva leggere: “Mercedes-Benz – Ecosostenibile grazie alla trazione elettrica”.

    Una flotta di 58 furgoni elettrici furono inseguito prodotti in collaborazione tra Mercedes-Benz e la Society for Electric Road Traffic (GES) fondata all’inizio degli anni ’70 dalla Rheinisch-Westfallisches Elektrizitatswerk AG di Essen (RWE).

    Per sviluppare il veicolo, la casa automobilistica chiese l’aiuto di Kiepe e Varta che installarono sia il controller elettronico che il pacco batteria. La trazione era data da un motore/generatore che supportava la frenata rigenerativa e produceva tra i 47 CV e i 75 CV. L’alimentazione era fornita da una batteria al piombo-acido pb da 860 kg, con una tensione di 144 V e una capacità di 22 kWh.

    Il carico utile del furgone era di 1 tonnellata e a pieno carico poteva percorrere tra i 48 km e i 100 km a seconda del percorso urbano o extraurbano e la velocità massima si attestava a 80km/h.

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    Furgone elettrico mercedes benz le 306 1972 | elettronauti It

    Come si può vedere dall’immagine, la sostituzione del pacco batteria si eseguiva in pochi minuti utilizzando un carrello a scorrimento orizzontale. Nella stazione di ricarica autorizzata, la batteria scarica veniva estratta lateralmente, mentre contemporaneamente ne veniva inserita una nuova dall’altro lato. Tutto ciò non richiedeva più di una normale sosta per il rifornimento di un veicolo endotermico, cosi affermava un opuscolo pubblicitario della Mercedes-Benz sulla LE 306 nel 1974. Il pacco batteria poteva essere caricato mentre è ancora nel veicolo tramite l’alimentazione di rete domestica. Sebbene il furgone LE 306 non sia mai stato prodotto in serie, il concept servì come base per il furgone postale 307 E del 1980, che gestiva un carico utile di 1,45 T e un’autonomia dichiarata di 70 km.

    ROCABOY RK 200

    Piccola utilitaria progettata dagli ingegneri Marcel Rocaboy e Georges Kirchner nel 1972.

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    Rocaboy dépliant pubblicitario nel 1972

    Prodotta in serie, ne furono realizzate 280 unità, commercializzati con il cognome del geniale inventore.

    Due erano le versioni disponibili: la ROCABOY RK 200-04(furgone/minivan) e ROCABOY RK 200-03 (con pianale).

    Telaio tubolare in acciaio saldato, la carrozzeria in materiale plastico (ABS) e la cabina permetteva l’accesso a due persone. Il pacco batteria era alloggiato nel telaio in modo da abbassare il baricentro. A bordo era presente un variatore di potenza oltre che un caricabatteria utilizzabile mediante presa domestica da 220 V -230 V, 16 A. Il tempo di ricarica si attestava dalle 8 alle 16 ore a seconda del numero di celle presenti.

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    Rocaboy, 1972 | Elettronauti.it

    Si proponeva al cliente una garanzia di un anno sul pacco batteria e comprendeva anche sostituzione di pezzi e manodopera, il servizio post-vendita era garantito 3 anni. L’unica opzione era il riscaldamento elettrico. Motore longitudinale anteriore Leroy-Somer T 19 a corrente continua CC, raffreddato ad aria (ventilazione forzata), potenza 11 kW (2 CV) a 3.900 giri/min, velocità massima di rotazione 6.000 giri/min.

    Pacco batteria da 96 V, composto da accumulatori esenti da manutenzione CMF al nichel ferro (Ni,Fe). Il numero di celle poteva essere da 8 o 16 celle e l’amperaggio da 130 Ah a 170 Ah per un peso da 245 kg o 490 kg. Montava un freno motore con recupero di energia e dei freni a tamburo con doppio circuito idraulico.

    Lunghezza 3.130 m, larghezza 1.570 m, altezza 1.650 m, passo 1.740 m e peso totale a vuoto: 950 kg. Portata utile 400 kg, velocità massima 70 km/h.

    Ne furono venduti 280 veicoli tra il 1972 e la fine del 1992, compreso il veicolo dei vigili del fuoco del Louvre (nessun fumo di scarico che sporchi le opere esposte).

    La Citadine

    Piccola vettura elettrificata da due posti secchi, fu progettata nel 1972 dalla società TVE, situata a Courpière, vicino a Thiers (Francia) e la gestitava il Sig. Raoul Teilhol.

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    La Citadine, 1972 | Elettronauti.it

    Lunga 2.120 m (230 Messagette), larga 1.380 m e alta 1.550 m, pesava a vuoto 610 kg e l’autonomia variava tra i 75 km e i 100 km.

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    La citadine 1972 porta anteriore di accesso alla cabina | elettronauti It

    Con la sua porta d’ingresso anteriore, la sagoma ovoidale, le tre ruote e Il cruscotto ridotto alla sua espressione la più minimalista, la “Citadine” ricordava l’Iso Isetta degli anni ’50 e l’attuale Microlino.

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    La messagette serie b versione con vano di carico chiuso e protetto | elettronauti It

    Altre versioni erano disponibili come la “Messagette” con pianale e anche apposito container, un’altra si chiamava “Handicar” una proposta alternativa ai clienti aventi disabilità motoria.

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    La messagette serie b versione con container | elettronauti It

    Le caratteristiche della vettura; telaio tubolare, scocca in poliestere rinforzato con fibra di vetro, freni a tamburo anteriori e posteriori, sospensione anteriore a balestra e posteriore a molla elicoidale. Il motore elettrico a corrente continua CC da 48 V con velocità di rotazione da 4000 giri/min. Il pacco batteria era composto da 8 accumulatori da 12 V (da 6 V sulla Messagette), 275 Ah (220 Ah per la Messagette).

    Gli accumulatori potevano facilmente essere ricaricati o sostituiti mediante un carrello estraibile, posto lateralmente sotto al pianale.

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    La citadine 1972 vista della parte posteriore | elettronauti It

    L’auto venne presentata al salone dei veicoli al Circuit JP Beltoise des Hauts de Saintonge e messa a disposizione dall’associazione Mobil’Eco – Christian Lucas.

    La Citadine non riuscì mai veramente ad essere omologata a causa della portiera anteriore che, in caso di urto frontale, bloccava il passeggero all’interno dell’abitacolo.

    Milanina

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    Milanina fiera di milano | elettronauti It

    Zagato nasce nel 1919 con una solida tradizione di lavorazioni artigianali e design incredibilmente eleganti, tipicamente realizzati a mano, creando modelli di piccola tiratura o addirittura unici su richiesta di marchi del calibro di FerrariLamborghiniAlfa Romeo, Aston Martin, BMW, LanciaFiat, Isotta Fraschini, Jaguar, ecc. e con l’arrivo degli anni settanta, la seconda generazione composta da Gianni ed Elio presero le redini della Zagato e ne orientarono l’attività.

    Nel 1972, la Zagato realizzò su richiesta dell’Ente Fiera Autonomo Organizzatore una microcar elettrica (25 esemplari), che chiamò “Milanina”, la vetturetta serviva agli spostamenti interni degli operatori economici presenti all’occasione della 50° Fiera Internazionale di Milano.

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    Milanina 50° fiera internazionale di milano 1972 | elettronauti It

    In realtà sotto la carrozzeria costruita in vetroresina, adesivi ben piazzati, il discreto logo Z e con dettagli presi dalle “Supercar” come i fanali posteriori Dino Ferrari, si celava  meccanica e telaio provenienti dal modello Urbanina F. Bisogna sapere che al Salone di Torino del 1970, Elio Zagato fu molto incuriosito e sorpreso dalle micro macchine di Poggio Adorno, soprattutto nella versione elettrica.

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    Bisarca trasporta meccanica e telai di urbanine f in partenza da poggio adorno in direzione di milano e a destra un esemplare assemblato integralmente della milanina | elettronauti It

    Quando la Zagato ricevette la commissione per la manifestazione di Milano, prese la palla al balzo e si accordò con il marchese Piero Girolamo Bargagli Bardi Bandini  e il tecnico Narciso Cristiani, per recuperare attrezzature e brevetti dando un seguito alla micro cittadina nata dai due geni visionari.

    Zele/Elcar

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    Zagato Zele in livrea azzurra, 1972 | Elettronauti.it

    All’inizio degli anni ’70, Zagato incontrava delle difficoltà economiche e dinanzi all’assalto delle popolari auto sportive prodotte in serie da produttori generici come Ford con la Capri Mk1, Opel con la Manta A Turbo e da vari marchi giapponesi come per esempio la Nissan 240Z, spinsero la stimata carrozzeria milanese ad innovare.

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    Zele nell traffico cittadino 1974 | elettronauti It

    L’esperienza della Milanina portò allo sviluppo di un’auto elettrica come soluzione ai problemi del traffico e dell’inquinamento urbano, un anno prima della crisi petrolifera del 73’. La city car denominata; Zele venne presentata pubblicamente nel novembre 1972 sia al Salone di Ginevra che al 54º Salone di Torino.

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    Zele quadro strumenti della prima serie con adesivo che nasconde la scritta Urbanina | Elettronauti.it

    L’auto tascabile era assolutamente unica nel suo genere, date le dimensioni lillipuziane: 2132 mm di lunghezza, 1346 mm di larghezza, 1610 mm di altezza, un passo di 1295 mm e un peso a vuoto di soli 495 chili. Un telaio in tubi quadrati di acciaio, carrozzeria in fibra di vetro proposta in una gamma di colori pastello/metallizzato assai variegata: arancione, rosso, marrone, bianco, verde, azzurro e blu scuro.

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    Zele struttura portante con due soli pedali e motore al posteriore | elettronauti It

    La Zele era progettata, costruita e assemblata a Rho (MI) nella sede della famosa carrozzeria. Montava il telaio in acciaio, le sospensioni delle Fiat 124 e 500, utilizzava un selettore delle marce a 4 posizioni e una pedaliera a 2 posizioni, per accelerare e frenare. Motore elettrico trazione posteriore di marca “Marelli” da 1000 watt e 4800 giri, freni a tamburo e sospensioni a molle elicoidali anteriori e posteriori, pneumatici radiali SR 145X10.

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    Dettaglio plancia tasti e selettore marce a 4 posizioni Zagato Zele | Elettronauti.it

    Gli interni erano spartani, con una semplice panchina due posti, avvisatore acustico, un tergicristallo elettrico a 2 velocità, visiera parasole, specchietto retrovisore esterno solo lato guidatore (optional lato passeggero), un cruscotto piatto e un volante decorato con il logo “Z” di Zagato.

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    Versione di zele cabriolet z20 trasformata in golf car e guidata da ezio greggio nel film yuppies 2 1986 | elettronauti It

    La Zele era disponibile per la vendita in tre varianti: Zele 1000, Zele 1500 e Zele 2000 a seconda della potenza elettrica, ovvero 1000 W (24 V), 1500 W (36 V) e 2000 W (48 V). Zagato propose anche una variante Cabriolet “2000” denominata “Z20” ne furono prodotte in poche decine di esemplari, con una verniciatura bicolore “Giallo-Blu” o bianco panna.

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    Zagato zele cabriolet z20 | elettronauti It

    La sua velocità massima non superava i 40 km/h e se correttamente caricata, l’autonomia si assestava a 70 km per l’entry level e 100 km per il modello da 2 kW.

    Le quattro oppure otto batterie da 12 V, a seconda della potenza del modello, erano cablate in serie e parallelo e potevano essere collocate sotto il pianale.

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    Dettaglio zagato zele 1000 con trasformatore per ricaricare il veicolo | elettronauti It

    Il pacco batteria si caricava con una semplice presa domestica mediante un trasformatore e impiegava circa 6 ore per arrivare al 100%.

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    Carrello pacco batteria | elettronauti It

    Il vano batteria era posto su un carrello scorrevole per poter eseguire una comoda manutenzione o una rapida sostituzione degli accumulatori.

    Elcar Electric

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    Gianni zagato davanti ad una elcar 1974 | elettronauti It

    Importata negli Stati Uniti, dall’Illinois Electric Car Corporation di Northlake nota come Elcar Corporation, propose la Elcar 1000, Elcar 1.500, Elcar 2000 e la variante a 4 posti della Mini Van del 1975 ma denominata: Elcar 4000 Wagonette.

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    Modelli zagato zele o mini van 1975 | elettronauti It

    Sia la Mini Van che la Elcar Wagonette avevano un passo maggiorato, ricevevano una verniciatura bi-tono, il portellone posteriore incernierato, due sedili individuali e regolabili posti anteriormente, al posteriore due strapuntini longitudinali abbattibili per aumentare lo spazio di carico.

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    Elcar 4000 wagonette la mini van zele sbarca in america | elettronauti It

    Fine di una lunga storia iniziata negli anni ’60

    La Zele fu prodotta dal 1972 al 1976, benché l’auto era nata in un periodo particolare in risposta alla crisi petrolifera, non incontrò il successo da parte del pubblico sia in Europa (Zagato aveva anche delle filiali in Inghilterra) che oltreoceano. Secondo alcuni siti, sarebbero state vendute in tutto dalle 500 alle 3000 versioni di Zele/Elcar. Ai giorni nostri le ultime superstite rimangono pezzi da collezione della storia dell’ingegneria automobilistica italiana.

    BMW 1602 E

    Nel 1972, BMW si presentò ai Giochi Olimpici di Monaco con due prototipi sperimentali, due BEV dal colore arancione acceso.

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    Bmw 1602 electric car vista dellauto | elettronauti It

    I veicoli sarebbero serviti come mezzo di trasporto per i membri del comitato organizzatore e furono impiegati anche come vetture di supporto e di ripresa in vari eventi come la maratona.

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    Bmw 1602 elecrtic car durante la maratona monaco 1972 | elettronauti It

    Le due speciali 1602 E, avevano un cambio manuale a quattro velocità, un motore Bosch DC la cui potenza (32 kW), veniva indirizzata alle ruote posteriori. Il motore elettrico pesava 84 kg, ma non era niente in confronto al pacco batteria composto da 12 accumulatori al piombo-acido fornite da Varta, il tutto posto nel vano motore per un peso complessivo di 350 kg

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    BMW 1602 elecrtic car, 1972 | Elettronauti.it

    Con una velocità massima di 100 km/h e un’autonomia urbana di circa 60 km, anche con l’uso intelligente della frenata rigenerativa la 1602 E era tutt’altro che perfetta.

    Storia dell'auto elettrica - L'elettromobile | Elettronauti.it
    Bmw 700 ls electric car 1975 | elettronauti It

    Alla fine del 1975, un veicolo sperimentale costruito sulla piattaforma della BMW 700 (LS) con un motore DC fornito da Bosch da 17 kW (22.7 CV), e pacco batteria da 10 kWh, ha iniziato a dare i primi risultati in termini di prestazioni e spunti per il futuro. Sebbene il peso fosse ancora un problema (1330 kg a vuoto), la vettura presentava la frenata rigenerativa e anche un nuovissimo sistema di caricatore a bordo che poteva essere collegato ad una presa domestica da 230 V per effettuare una ricarica completa in 14 ore. Aveva un parabrezza e un lunotto riscaldati, la velocità massima era di 60 km/h e l’autonomia inferiore a 30 km. Con questi dati alla mano, i progettisti si resero presto conto che le auto elettriche non erano ancora in grado di competere con i veicoli a benzina ed era necessario un progresso nella tecnologia delle batterie per un futuro successo al di fuori dall’ambito cittadino.  

    Renault 5 Électrique

    Storia dell'auto elettrica - L'elettromobile | Elettronauti.it
    Renault 5 Électrique | elettronauti It

    Svelata nella primavera del 1972 e progettata in collaborazione con la multinazionale francese di servizi elettrici,  EDF, questa versione della Renault 5 électrique era un’auto a due posti prodotta in un centinaio di esemplari, fino a giugno 1974. Sotto il cofano, un motore elettrico a corrente continua da 7,5 kW, velocità massima 80 km/h. Le batterie al piombo (otto in totale) erano situate dietro al sedile del conducente al posto dei sedili posteriori e permettevano una autonomia di circa 110 km se si faceva un percorso urbano e in pista l’autonomia arrivava a 175 km. Il tempo di ricarica era di circa 10 ore e l’auto aveva un peso a vuoto di 1.075 kg. L’altra particolarità di questa Renault 5 elettrica era il tetto apribile posteriore in modo da poter cambiare le batterie utilizzando una gru.

    Nel 1974, Robert Poujade, allora Ministro dell’Ambiente, visitò lo stabilimento Renault di Lardy in Francia e aveva avuto l’opportunità di guidare la R5 électrique. Un’auto che era stata concepita con l’intento di risolvere i problemi dell’inquinamento.

    ⚡️ Leggi anche: Potenza ed Energia

    Conclusione

    Molte case automobilistiche grandi o piccole che siano, hanno iniziato a esplorare le opzioni fuori dai classici veicoli endotermici. L’impennata dei prezzi del petrolio e la scarsità di benzina che nel 1973 raggiunge il picco con l’embargo petrolifero arabo creando un crescente interesse per ridurre la dipendenza dal petrolio straniero e trovare fonti di carburante locali ma tutto questo è nel prossimo capitolo.  

    ➡️ Puntata successiva: Storia dell’auto elettrica – Parte #6: l’elettromobile


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    tecnico meccatronico, formatore automotive, professionista della mobilità. Aiuto i lettori a districarsi nel labirinto delle dinamiche che governano la transizione energetica, dalla burocrazia agli aspetti legati alla guida di veicoli elettrici e non solo, con accenni tecnici per una visione a 360°.

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