Alla fine degli anni ’70, l’elettronica iniziava ad essere più presente ed i progressi accelerarono ad un ritmo esponenziale, di conseguenza gli ingegneri implementarono delle novità interessanti sia sui prototipi, che su veicoli progettati da zero o elettrificati.
In Asia, il cambiamento tra inizio e fine decennio era notevolmente visibile, non solo dal punto di vista estetico, ma soprattutto da quello funzionale, come si può vedere dai modelli proposti da Toyota e Nissan.
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EV2
Prototipo elettrico (lunghezza 3.35m, larghezza 1.580m, altezza 1.540), presentato al Motor Show di Tokyo del 1973.
La piccola vettura fu sviluppata come parte del progetto su richiesta dell’Agenzia per la scienza e la tecnologia industriale del Ministero del commercio internazionale e dell’industria.
Pesava 1.385 kg aveva un motore elettrico da 20 kW, un pacco batteria da 192V composto da 16 accumulatori al piombo e la velocità massima raggiungeva gli 80 km/h. Non fu mai realizzata in serie e rimase solo un modello dimostrativo, come tante prima di lei in Europa, un concept che dimostrava le capacità della casa automobilistica.
EV Guide
Nel 1977 il costruttore giapponese Nissan presentò un prototipo EV Guide, un veicolo scoperto destinato al trasporto di 6 persone oltre al conducente e ad un’assistente, per spostamenti in cantieri chiusi.
Negli anni 80’ questo modello di minibus elettrico munito questa volta di tetto, con una velocità massima di 16 km/h e un’autonomia di 60 km è stato utilizzato in una fabbrica del produttore, per il trasporto di ospiti VIP, l’utilizzo è proseguito per diversi anni. Una variante è stata prodotta in 40 esemplari per svariati complessi alberghieri del Giappone.
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Centennial Electric GE-100
Nel 1978, General Electric Company era il principale fornitore mondiale di motori e controller per tutti i tipi di veicoli elettrici esistenti all’epoca. In onore del suo centesimo compleanno svelò un’auto elettrica sperimentale, progettata e costruita da una delle principali società di progettazione di automobili elettriche a Dearborn nel Michigan, la Triad Services, Inc.
La Centennial Electric, questo il suo nome, si distingueva per essere una delle pochissime BEV progettate da zero. Molte elettriche erano delle modifiche di auto compatte a benzina o essenzialmente delle golf car.
Il prototipo blu bicolore era di dimensioni assai compatte con un’altezza di 1,30 cm, Lunghezza di 4,06 m ed un passo di 230 cm. L’ abitacolo ospitava 4 passeggeri. La dotazione del pacco batteria era e composto da 18 accumulatori al piombo-acido da 6 V (totale: 180 Volt), prodotto da Globe-Union Inc. Le batterie erano posizionate in un carrello mobile sotto il veicolo in modo da rendere la manutenzione molto più semplice.
Le batterie, utilizzate principalmente per alimentare golf car e carrelli elevatori erano abbinate ad una centralina di gestione ed ad un motore di trazione elettrico da 24 CV. Il veicolo era progettato per l’utilizzo urbano, con un’autonomia di circa 72 km in città, mantendo una velocità costante di 24 km/h. I test iniziali mostrarono che il veicolo aveva una velocità massima di 96 km/h, e che l’auto, si ricaricava in 6 – 8 ore collegandola ad una presa domestica da 220 volt.
La disposizione dei sedili anteriori, il quadro strumenti e la leva del cambio automatico erano simili a quelli che si trovano nelle attuali auto convenzionali. Il quadro strumenti mostrava la quantità di energia immagazzinata nella batteria, con un idicatore simile a quello per il livello di carburante ed il segnale di veicolo acceso “READY”, segnalava se la batteria era in carica. Il display riportava anche le classiche informazioni attuali come luci abbaglianti o anabbaglianti accese o un problema relativo all’impianto frenante così come la posizione della leva del cambio: “N”, “P”, “D” e “R”.
Per mantenere l’auto bassa, ridurre la resistenza dell’aria e per consentire un’entrata e un’uscita più facili, i sedili dei passeggeri posteriori erano rivolti all’indietro e si accedeva attraverso una porta posteriore di tipo hatchback.
L’equipaggiamento includeva un riscaldatore di tipo Webasto alimentato a benzina, una radio, tergicristalli e sbrinatori a resistenza per parabrezza e lunotto. Una batteria da 12 volt al piombo, collegata ad un caricabatterie di bordo e serviva da alimentatore per tutta la rete di bassa tensione dell’abitacolo.
Endura
Un’altra auto elettrica che prese vita nel 1978, con intenti stradali, uno stile moderno e dimensioni più da veicolo familiare che da city-car, fu l’Endura.
L’Endura venne concepita e costruita da zero, grazie alla società americana storica la Globe-Union, produttrice di batterie al piombo-acido già dal 1911.
Tra i dettagli estetici immediatamente visibili, i fari rettangolari protetti da una copertura in plexiglass, dei tergicristalli incassati e un parabrezza ribassato per una minor resistenza all’aria. La Carrozzeria era in vetroresina, con la possibilità di rimuovere il portellone posteriore e inserire al suo posto una sezione, per trasformarla in un veicolo station wagon.
Un pacco batteria composto da 20 accumulatori al piombo da 12 V era montato su un telaio in alluminio che veniva posto nel vano anteriore con carrello estraibile per una più facile manutenzione. Il pacco batteria alimentava il motore elettrico posteriore da 20 CV e 15 kW. A causa della stazza, il veicolo non era un fulmine, pertanto dimenticatevi l’effetto wow delle Tesla, la sua velocità massima era di 96 km/h e l’autonomia era di 160 km, ma esclusivamente se guidata ad una velocità di 50 km/h.
Il caricatore di bordo dell’Endura utilizzava il circuito domestico americano da 110 volt, e quindi, visto anche il tipo di chimica delle batterie, il sistema impiegava dalle 14 alle 16 ore per ricaricarle completamente. Ipoteticamente, un caricabatterie esterno ma collegato alla rete monofase da 220 volt poteva caricare il veicolo in 7 ore”.
Globe-Union aveva anche realizzato un modello somigliante alla Ford Fairmont Wagon ma con powertrain elettrico e denominato Maxima. Un banco di prova per batterie piuttosto che un prototipo serio, infatti con quella schiera di fari anteriori avrebbe messo a dura prova qualsiasi batteria all’acido piombo. Negli anni ’80 la benzina ritornò piuttosto economica e la tecnologia delle batterie non ebbe la spinta per migliorare le sue capacità, pertanto i modelli non furono mai realizzati in serie ma rimasero dei prototipi.
Electrek Uncar
Un’auto elettrica nata dalla crisi energetica e prodotta da Unique Mobility di Englewood, in Colorado (USA) nel 1979 si chiamava Electrek Uncar.
L’azienda iniziò ad esplorare la possibilità di un’auto elettrica dopo la crisi energetica del 1973, che lasciò gli automobilisti statunitensi dolorosamente consapevoli della loro dipendenza dai principali produttori di petrolio stranieri.
John Gould, l’allora presidente di Unique Mobility, Inc. e l’ingegnere Jim Mc Collough affermarono: “l’Uncar soddisfa o supera gli standard di sicurezza federali, non produce sostanze inquinanti, richiede una manutenzione minima ed a lungo termine, costerà meno della maggior parte delle auto, con un prezzo inferiore di migliaia di dollari”, aggiungendo che per la manutenzione ed il funzionamento dell’auto il costo era di 1 centesimo per miglio.
L’Electrek aveva delle forme poco attraenti ma era anche disponibile in 3 stili di carrozzeria: 2+2 – Furgone – Berlina (hatchback).
Il 2 + 2 e la berlina potevano ospitare 4 persone, mentre ill furgone aveva solo 2 sedili anteriori con un ampio vano nella parte posteriore. All’interno dell’abitacolo, la leva del cambio era montata vicino al cruscotto in cui era incorporata una radio.
La vettura era realizzata con una carrozzeria in policarbonato poliestere rinforzato con fibra di vetro. L’azienda aveva optato per l’utilizzo della fibra di vetro per la carrozzeria dell’auto, dichiarandola: “resistente alla corrosione ed alle scosse elettriche”. L’autonomia dichiarata di 160 km mantenendo una velocità di crociera di 48 km/h. La frenata rigenerativa faceva parte delle sue caratteristiche e montava un cambio manuale Volkswagen Fox a 4 marce.
Un tunnel centrale serviva ad alloggiare il pacco batteria posizionato su un carrello scorrevole estraibile, come sempre, per una più facile manutenzione e sostituzione.
Il pacco batteria era composto da 16 accumulatori al piombo acido pb da 6 V, che alimentavano un motore General Electric da 32 CV tramite un controller progettato specificamente da Soleq Corporation, per la precisione dal suo presidente Shunjiro Ohba.
L’auto era progettata per essere ricaricata utilizzando una presa domestica standard da 110V e l’autonomia era di 160 km con velocità di crociera di 48 km/h
L’azienda voleva diventare una casa automobilistica, ma purtroppo produsse solo un modello di auto rendendosi conto che non avevano ancora la tecnologia, il design ed i soldi da investire, per realizzare alternative sensate ai veicoli a combustione interna. Il fondatore di Unique Mobility, John Gould, ha affermato che molte delle stranezze della vettura come le finestre a ghigliottina cadenti e uno sbrinatore per asciugacapelli, erano necessarie per ridurre i costi. A seconda della fonte, tra il 1979 e il 1982 si dice che furono costruite dalle 35 alle 50 unità. La società esiste ancora e attualmente è fornitrice di parti d’auto per aziende come BMW e Audi.
ETV-1
Il prototipo di auto elettrica del 1979, l’ETV-1 (Electric Test Vehicle) è stato sviluppato per il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti (DOE) da Globe Union Inc., General Electric Company e Chrysler Corporation.
In risposta alla prima crisi petrolifera, il Dipartimento dell’Energia fissò l’obiettivo di creare un’auto elettrica che sarebbe stata pronta per la produzione di massa entro la metà degli anni ’80 e sarebbe costata 5.000 $, circa 21.000$ rapportandola ai giorni nostri.
Una coupé tre porte per quattro passeggeri che pesava tra i 1505 kg e 1778 kg, con un motore da 20 CV e 5000 giri/min. La vettura poteva raggiungere la velocità massima di 120 km/h e mantenere la velocità di 80 km/h con una pendenza del 5% per un miglio.
L’ETV-1 aveva una carica della batteria sufficiente per percorrere 193 km se si manteneva una velocità da crociera di 50 km/h. Utilizzava un pacco batteria a forma di T da 108V, alloggiato in un tunnel centrale sotto al pianale e contenente 18 accumulatori al piombo-acido da 6V sviluppate da Globe-Union che potevano essere caricate in sole 10 ore da un caricabatterie presente a bordo collegato ad una presa domestica americana (con una rete a 110 – 120 V e frequenza di 60 Hz).
L’ETV-1 presentava uno stile elegante, una bassa resistenza aerodinamica, la carrozzeria era una combinazione di pannelli in fibra di vetro e alluminio costruiti da Chrysler. Una speciale plastica resistente all’abrasione sviluppata da GE sostituiva il vetro più pesante utilizzato nei veicoli a motore. Il veicolo montava dei pneumatici radiali a bassa resistenza al rotolamento e le sospensioni anteriori e posteriori erano indipendenti. Il principale contributo di GE è stato lo sviluppo di un motore a corrente continua CC con chopper a transistor per gestire il powertrain la ricarica e la frenata rigenerativa.
ETV-2
Veicolo ibrido elettrico Garrett-Airesearch, 1979.
Sviluppato sotto la direzione della NASA, si trattava di un modello di ibrido a batteria-volano che utilizzava batterie al piombo-acido e un volano rotante che aiutava l’auto ad accelerare e ad affrontare i picchi di domanda di potenza ma non abbiamo specifiche a riguardo.
Purtroppo i progetti ETV-1 e ETV-2 non videro mai la produzione in serie, annullati ancora prima del loro debutto per svariati fattori come i costi del petrolio che nel frattempo erano diminuiti. Eppure gli anni ’80 non furono, come molti credono, un periodo senza alcun interesse per il settore BEV.
➡️ Puntata successiva: Storia dell’auto elettrica – Parte #8: l’elettromobile
La Storia continua, la scopriremo insieme nella prossima puntata.
Ci penserò 😉
No Federico, mi spiace, quello di Toyota è un vizio occulto, così come il richiamo delle batterie di Hyundai Kona…
Ciao Marco ci fa piacere apprendere ulteriori dettagli il giorno dopo della pubblicazione dell’articolo. Se vuoi aiutarci a riportare notizie…
Ciao Marco, se VinFast fa pena per un problema del genere a Toyota cosa avrebbero dovuto fare per aver messo…
In verità queste sono norme applicate anche in Europa. La velocità massima è limitata tra i 20 e i 25…